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(foto EPA)
editoriali
La guerra dell'Iran in un videogame
Il regime impara dalla Russia come formare i giovani all’odio contro Israele
L’Iran ha perfezionato la sua guerra ibrida imparando dalla Russia. L’ideologia s’insegna già da piccolissimi: la scorsa settimana un ufficiale in uniforme delle Guardie rivoluzionarie islamiche ha presentato alla tv un nuovo videogioco, “True Promise”. Un gioco che, con il pretesto di celebrare le operazioni militari, va ben oltre il mero esercizio di propaganda. Operation True Promise è il nome usato dall’Iran per i suoi attacchi a Israele di aprile e ottobre 2024, e il videogioco – dalla grafica piuttosto vecchia – offre cinque diverse situazioni di gioco: Gaza, Libano, Iraq, Yemen e Israele. E’ la celebrazione della guerra dell’Iran e dei suoi proxy, dove i pasdaran insegnano ai bambini a odiare Israele e l’occidente facendogli la guerra, lanciando missili, bombardando, sparando.
Secondo Teheran è stata la stessa Guida suprema Ali Khamenei a menzionare specificamente i videogiochi come mezzo per promuovere le narrazioni di Teheran sugli eventi che la riguardano e farne un mezzo della sua guerra ibrida, che si sta intensificando perché colpire le menti dei più giovani è il primo obiettivo di un regime, ma non solo. Perché in un mondo con le democrazie liberali sotto attacco, la minaccia ibrida iraniana è in costante evoluzione. E così, quando l’altro ieri il segretario di stato Marco Rubio ha detto che il presidente Trump è “a favore della diplomazia rispetto alla guerra”, ma pure che “è determinato a impedire all’Iran di dotarsi di armi nucleari”, la dichiarazione è stata accolta con sollievo. Eppure manca un pezzo: perché nel suo primo mese di presidenza, Trump ha anche smantellato tutte quelle organizzazioni e istituzioni governative che erano in grado di studiare e quindi di fermare, per quanto possibile, la minaccia di propaganda e di disinformazione (oltre che cyber) da parte dell’Iran anche nei paesi occidentali. Il videogioco “True Promise” ci dimostra che la battaglia contro la minaccia iraniana non si gioca solo sui terreni economici o militari.