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editoriali
L'incerto futuro di Xi
A Pechino si aprono le divinatorie Due sessioni, ma gli occhi sono su Trump
Nel 2025 la Repubblica popolare cinese si aspetta di crescere il 5 per cento del pil. C’era molta attesa per l’obiettivo fissato annualmente dalla leadership di Pechino, e che è stato annunciato ieri dal premier Li Qiang durante la sessione inaugurale dell’Assemblea nazionale del popolo a Pechino. Gli osservatori guardano a quel numero per cercare di capire se il Partito comunista cinese è più ottimista o più realista, se punta al negoziato o fa finta che i problemi globali che la riguardano non facciano parte della sua politica interna.
Quest’anno le riunioni annuali dell’organo legislativo cinese e del massimo organo consultivo – insieme fanno le ben note “due sessioni” – si tengono nel bel mezzo del caos globale dovuto al primo mese di presidenza Trump in America. Il premier Li, come spesso annunciato da Pechino, ha promesso una Cina più aperta al mondo, globalizzata, che vuole proteggere l’ordine globale, ma sono frasi rituali ormai legate a un’immagine che la Cina tenta di costruirsi nel resto del mondo. Più interessante è stato l’annuncio di una spesa più aggressiva per stimolare la crescita, che stenta a ripartire. Il target di crescita di quest’anno ripete quello del 2024, anno in cui Pechino è riuscita a raggiungere la soglia sperata solo grazie alle esportazioni sono schizzate del 10,7 per cento a dicembre, facendo registrare un surplus commerciale record di mille miliardi di dollari. Ma per il 2025 la sfida sarà più ardua, anche perché Xi Jinping sembra voler ignorare la possibile nuova guerra commerciale con gli Stati Uniti, oppure, come suggerisce qualche osservatore, scommette sul fatto che Trump arriverà a un negoziato come ha fatto con Putin. I dazi americani intanto potrebbero favorire indirettamente la spesa interna cinese, quella che da tempo i funzionari di Pechino cercano di rivitalizzare.


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