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Nervi saldi

Quattro esempi di sinistra europea che punta su diplomazia, riarmo e difesa di Kyiv, tutto insieme

Paola Peduzzi

Starmer, Frederiksen, Sánchez e Merz: chi ricuce con l’America trumpiana, chi investe sulla consapevolezza di una nuova solitudine europea. Una leadership che si fa notare in Europa, ancor più nello scivolamento verso destra di gran parte dei paesi europei

I volenterosi europei si sono divisi i compiti, chi ricuce con l’America trumpiana, chi investe sulla consapevolezza di una nuova solitudine europea – tutti a sostegno dell’Ucraina e con le idee molto chiare su chi sia il primo nemico: Vladimir Putin. Le sfumature ci sono e contano, ma quel che serve, di fronte al diluvio di annunci, smentite, allarmismi, conferme che arrivano da Washington, è anche la capacità di mantenere saldi i nervi, ripassando bene i fondamentali, i rapporti di causa ed effetto, gli obiettivi. Questa calma conta più dell’appartenenza politica, ma c’è una leadership di sinistra in Europa che si fa notare, ancor più nello scivolamento verso destra di gran parte dei paesi europei. 

  

          

C’è Keir Starmer, premier britannico, che naturalmente non è nell’Unione europea ma è europeissimo – come Volodymyr Zelensky: sarebbe invero un esito da sogno ritrovarsi, dopo gli anni convulsi che ci aspettano, con Regno Unito e Ucraina dentro all’Ue – e spinge avanti unità, riarmo, diplomazia, senza farsi contagiare dalla smania degli annunci (l’“annuncite” è una delle sindromi trumpian-muskiane, in questo senso avere dei social di proprietà fa sì che il megafono sia sempre a portata di mano: uno degli obiettivi della calma, che riguarda anche i media, è non andare al ritmo degli annunciatori, per quello ci sono appunto già i megafoni), ma attaccandosi al telefono e ritessendo la tela transatlantica che l’America disfa. Starmer guida certamente un paese unico nel suo genere, alleato speciale degli americani, vicino dell’Europa ora un po’ meno ex traditore e più vecchio amico, con un’unità di tutti i partiti davvero invidiabile (è utile rivedere in questi giorni “L’ora più buia”, il film di Joe Wright che racconta il momento in cui Churchill, nel 1940, ha dovuto decidere se negoziare con Hitler, come gli consigliava il suo gabinetto di guerra, o combattere e difendersi da Hitler come gli consigliava il suo istinto: ogni giorno arrivavano notizie dall’Europa sottomessa, il presidente americano Roosevelt, bloccato da una legge sulla neutralità e da cittadini che non volevano sentir parlare di andare a morire in Europa, gli offrì come massima risorsa dei cavalli con cui trasportare i jet militari a pezzi oltre il confine canadese cosicché i britannici potessero andarseli a prendere. Cosa ha scelto Churchill lo sappiamo, ma ecco, oggi ci interessano anche il processo, le pressioni, le richieste, gli alleati, i nemici). Ma Starmer sta anche mantenendo in equilibrio relazioni che si consumano ogni giorno sotto i nostri occhi, e ci riesce nonostante per mesi sia stato insultato dalla nuova America, con Elon Musk che chiede di cacciare questo socialista inetto e amico dei pedofili. 

   

Lo stesso si può dire della premier danese, la socialdemocratica Mette Frederiksen, che ha già avuto una conversazione con Trump di 45 minuti definita terrificante e che, oltre a difendere l’Ucraina, il riarmo europeo, l’unità dei volenterosi (e continuare a inviare armi e soldi al governo di Kyiv), deve pure cercare di tenersi la Groenlandia, che è sempre nelle mire di Trump (“la prenderemo, in un modo o nell’altro”, ha detto in quel logorroico comizio elettorale che è stato il discorso al Congresso). Frederiksen è un’altra leader di sinistra con i nervi saldi e le idee chiare, anche la sua coalizione a difesa della Groenlandia l’ha costruita senza proclami e molta concretezza, nei suoi tour europei low profile ma molto produttivi.

  

Anche la Spagna, dall’altro capo dell’Europa rispetto all’Ucraina, ha avuto un approccio molto pragmatico e caloroso, come dimostrano gli abbracci e la solidarietà a Zelensky del premier Pedro Sánchez, che pure nell’ultimo anno si è impelagato in conflitti un po’ emotivi sia dentro sia fuori il  suo paese. Lineare e coraggioso, e più social degli altri, Sánchez non ha avuto dubbi né sulla necessità del riarmo né sul nemico da combattere, e come lui c’è anche l’Spd tedesca, che pure abbacchiata da un esito elettorale mesto, andrà al governo in una grande coalizione e ha già una convergenza fattiva con i conservatori di Friedrich Merz: la Germania sta abbattendo tabù sul debito per aiutare l’Ucraina e l’Europa, e lo fa con due partiti che vanno d’accordo praticamente soltanto su questo, ammonendo gli altri europei sul fatto che la solitudine rispetto all’America è forse inevitabile, ma è una catastrofe solo se permettiamo che lo sia.
 

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi