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Editoriali
Luai Ahmed, un marziano all'Onu
Un arabo gay yemenita che difende Israele e sferza l’ipocrisia del Consiglio dei diritti umani, cosiddetto. Nove choc
“Alto Commissario, mi chiamo Luai Ahmed e vengo dallo Yemen”. Si è presentato così al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, lo scorso 27 febbraio, Luai Ahmed. Pochi minuti che hanno mandato in cortocircuito il Palazzo delle nazioni. Gli ambasciatori si sono guardati, come se fosse sceso sulla terra un marziano. Un arabo gay che difende Israele e sferza l’ipocrisia delle nazioni e dell’islam. “Posso chiederti perché il tuo rapporto menziona Israele 188 volte, ma non menziona nemmeno una volta la Repubblica islamica dell’Iran?”. Primo choc. “Come puoi parlare del conflitto ignorando il partito che ha armato, addestrato e finanziato i terroristi per procura, Hamas, Hezbollah, gli Houthi, che hanno bombardato Israele migliaia di volte?”. Secondo choc. “Perché non menzioni gli Houthi che hanno speso milioni di dollari per lanciare missili contro Israele, invece di sfamare la mia gente affamata?”. Terzo choc. “Chiedo all’Onu, alla Lega araba e a tutti coloro che hanno issato la bandiera palestinese dal 7 ottobre: dov’è la bandiera dello Yemen?”.
Quinto choc. “Nel mio paese, mezzo milione di persone sono morte negli ultimi dieci anni. La più grande carestia della storia moderna. Perché a nessuno importa quando muoiono mezzo milione di yemeniti?”. Sesto choc. “E il Sudan? In meno di due anni, sono state uccise più di 150mila persone. Dov’è la bandiera del Sudan?”. Settimo choc. “E la Siria? Sono stati uccisi mezzo milione di siriani. Dov’è la bandiera siriana?”. Ottavo choc. “Alto Commissario, perché quando gli arabi uccidono milioni di arabi, nessuno batte ciglio? Dove sono le proteste?”. Nono choc. “E perché il Qatar è qui seduto quando ospita i capi terroristi di Hamas in hotel di lusso?”. Ahmed poteva andare ancora avanti a lungo a scioccare quell’assise che pretende di difendere i diritti umani ma che è perlopiù composta da rappresentanti di regimi che uccidono, deportano, schiavizzano, mutilano e imprigionano senza alcun rispetto, non solo per i diritti, ma per la decenza.