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Editoriali

Senza America la Siria non ha futuro

Redazione

L’Europa si riunisce per dare aiuto a Damasco, ma sullo sfondo la situazione economica siriana è disastrosa. E con il disimpegno di Trump la ricostruzione sarà ancora più dura

Ieri, per la prima volta dalla caduta del regime di Assad, un esponente del nuovo governo siriano è stato accolto alle istituzioni europee di Bruxelles. Asad al Shaibani, ministro degli Esteri di Damasco, ha partecipato alla nona edizione della Conferenza per sostenere il futuro della Siria, un evento che dal 2017 raccoglie aiuti umanitari a beneficio del paese appena uscito dalla guerra civile. A due giorni dall’anniversario della rivoluzione del 2011, l’accoglienza riservata dall’Ue al ministro del nuovo governo è un’investitura ufficiale per le autorità di Damasco. Nonostante l’annuncio di una Costituzione transitoria, il contesto non potrebbe essere più complicato. La gestione delle minoranze, la sicurezza nel sud, dove Israele incalza a ridosso del Golan, a ovest, dove continuano gli scontri con gli assadisti e con Hezbollah, e a nord, dove i turchi insistono per la creazione di una zona cuscinetto, rendono fragile l’equilibrio del paese.

 

Sullo sfondo la situazione economica è disastrosa. Per gli esperti, mezzo secolo potrebbe non bastare per ricostruire la Siria eppure l’èra Trump rischia di affossare ulteriormente le casse del governo di Ahmad al Sharaa. Tutte le scelte fatte finora dall’Amministrazione americana vanno nella direzione del disimpegno dalla Siria. Oltre al mantenimento delle sanzioni e al taglio degli aiuti umanitari, anche la mediazione di Washington per l’intesa siglata la settimana scorsa fra i curdi e Damasco – secondo fonti sentite dal Wall Street Journal – si è resa efficace proprio per il timore dei curdi di essere lasciati soli dagli alleati americani, che valutano l’ipotesi del ritiro dal paese. Lo scorso anno la comunità internazionale aveva raccolto quasi 8 miliardi di dollari in aiuti umanitari, ed è difficile che quest’anno si raggiungano livelli analoghi. L’Ue cerca un coinvolgimento maggiore del Golfo, ma non basta. “Più speranza significa meno caos”, ha detto l’Alto rappresentante dell’Ue Kaja Kallas, ricordando implicitamente che alla finestra ci sono la Russia e lo Stato islamico. Difficile però che l’Europa senza gli Stati Uniti riesca ad assicurare quel di cui Damasco ha bisogno.