
(LaPresse)
Editoriali
Netanyahu, che fregatura fidarsi di Trump
Stati Uniti e Iran riprenderanno i colloqui sul nucleare a Roma, con Teheran pronta a negoziare la riduzione dell’uranio arricchito in cambio dell’allentamento delle sanzioni. Israele osserva in silenzio, nonostante i compromessi ipotizzati
Gli Stati uniti e l’Iran si incontreranno di nuovo, questa volta a Roma, in un paese che, come hanno spiegato fonti diplomatiche al Foglio, non soltanto ha ottimi rapporti con Washington ma da Teheran viene considerato amico, dialogante, e gli iraniani non hanno nessuna intenzione di sentirsi scomodi mentre portano avanti i colloqui in cui puntano a un accordo che elimini le sanzioni in cambio di rassicurazioni sul programma nucleare. Le rassicurazioni sono molto vaghe e secondo un resoconto di Axios un compromesso potrebbe essere ridurre le scorte iraniane di uranio arricchito al 60 per cento. Se questo è il compromesso è una bella vittoria per Teheran, dopotutto Donald Trump ha detto che risolvere i problemi con la Repubblica islamica è semplice, quindi non intende negoziare a lungo.
I colloqui si stanno facendo serrati, Washington è soddisfatta, Teheran non si sbottona, tutti lodano l’attività diplomatica. L’unico a tacere è il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu che nel suo ultimo commento sui colloqui, risalente alla scorsa settimana dopo avere incontrato Trump, ha assicurato che il presidente americano la pensa come lui e preme per lo smantellamento del programma nucleare iraniano. Il 60 per cento non sarebbe lo smantellamento, ma il premier rimane calmo, quando in passato ha scalpitato per molto meno e quando l’Amministrazione Biden cercò di riprendere i negoziati con Teheran, Israele denunciò il tradimento americano. Netanyahu ha legato tutto a Trump, lo ha lodato come miglior amico di Israele, si è schierato dalla sua parte durante la corsa elettorale americana, e adesso non può che guardare in silenzio, mentre Trump mette in chiaro che negoziare viene prima di tutto. Non sappiamo cosa sia uscito dai colloqui, cosa sta mettendo sul piatto Washington e cosa Teheran, ma Bibi si è reso dipendente da Trump, non lo critica. Per gli iraniani questa è un’occasione e pensano: qualsiasi cosa decida la Casa Bianca, questa volta Israele non avrà il coraggio di contestare.