LaPresse/Guglielmo Mangiapane

Ma Saviano li assolve

Redazione

Ha detto: “Non temo i professionisti dell’antimafia, temo di più i dilettanti”

Nella grande abbuffata di retorica che la Rai ha messo in scena a Palermo per ricordare Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, non poteva certo mancare Roberto Saviano, reclutato assieme a Pif per spargere lacrime e commozione negli stessi luoghi dove venticinque anni fa il tritolo mafioso ha sparso sangue e terrore. Roberto non è venuto meno al compito che il celebrante Fabio Fazio gli aveva assegnato. Ha raccontato con voce recitante le sconfitte e gli oltraggi che Falcone fu costretto a subire prima di saltare per aria a Capaci, e quando si è imbattuto nell’accusa più livorosa che le quinte colonne mafiose avevano lanciato in quegli anni contro il giudice del maxi processo – “è un professionista dell’antimafia” – l’autore di Gomorra è salito sullo sgabellino dei luoghi comuni e ha rivelato agli increduli l’ultima sua verità: “Io non temo i professionisti dell’antimafia, temo semmai i dilettanti”, ha detto. E così dicendo non solo ha azzerato anni di battaglie civili contro le distorsioni e gli abusi dell’antimafia militante; ha pure restituito splendore e legittimità ai tanti, tantissimi personaggi che con il pretesto della lotta a Cosa nostra hanno costruito per loro stessi carriere, ricchezze e potere.

    

Del resto, i professionisti dell’antimafia sono male piante difficili da sradicare. Se Falcone credeva nella possibilità di sconfiggere la mafia, e lo ha dimostrato con parole e opere fino alla morte, loro predicano l’invincibilità. E lo fanno soprattutto perché il mito di una mafia eterna e imbattibile alimenta la necessità che loro, i professionisti, ci siano ora e sempre. Che ne sarebbe, per esempio, della potente holding di “Libera” se non ci fossero più patrimoni mafiosi da rastrellare, cortei da organizzare, scolaretti da educare, coscienze da scuotere e risvegliare? E che ne sarebbe di quei magistrati che accorrono a ogni cerimonia non tanto per ricordare Falcone e Borsellino, quanto per sussurrare ai giornali che serviranno almeno altri venticinque anni per scoprire le verità impossibili che in questi primi venticinque anni nessun pubblico ministero e nessun tribunale è riuscito a disvelare? Dispiace dirlo, ma sui corpi martoriati di Falcone e Borsellino è cresciuto un numero sconsiderato di professionisti per i quali la mafia, più che una sciagura, è una manna dal cielo. Saviano, passeggiando l’altro ieri sera sul palco montato di fronte al teatro delle stragi, li ha assolti e benedetti. Viva la Rai.

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