Paradosso italiano: meno reati, più detenuti
Un report sulle carceri dice che l’insicurezza è solo una paranoia
Alla fine, davvero il mercato della paura è il cugino del mercato del malumore: piccoli casi di cronaca nera si sono impossessati dell’agenda mediatica e stanno alimentando la paranoia securitaria. Eppure, se diminuiscono i reati – anche quelli che dovrebbero creare maggiore allarme (stupri, furti e rapine, omicidi) – aumentano i detenuti. Lo dicono i numeri del rapporto “Torna il carcere”, pubblicato ieri dall’associazione Antigone, che con i suoi operatori visita le prigioni italiane. Torna il sovraffollamento, che negli ultimi anni sembrava superato sotto la pressione di condanne e moniti europei e internazionali. Il numero di persone detenute era passato dai 68 mila del 2010 ai 52.164 del dicembre 2015. Oggi ha già raggiunto quota 56.436 (più 7,8 per cento). I reati invece sono diminuiti: tra il 2014 e il 2015 ci sono state 125.687 denunce totali in meno. La campagna sulla sicurezza non si fonda “su dati di realtà ma piuttosto si appella alla ‘percezione’ di insicurezza”.
Nel rapporto, un focus è dedicato al fenomeno della radicalizzazione islamista nelle galere: “Sarebbe facile riprodurre la retorica dell’amministrazione penitenziaria come comparto burocratico lento e inerziale, incapace di reagire con tempestività alle sfide contemporanee”. In realtà “non esiste alcun ritardo cronico” e le attività d’intelligence sono strutturate da anni. Rimane cronica l’assenza di mediatori culturali, per interagire con i detenuti, favorire la loro integrazione, evitare il proselitismo e avviare percorsi di deradicalizzazione. Un tema su cui da anni “il personale dirigente riflette”. Con risultati, evidentemente, ancora scarsi.