Cantone non funziona in cattedra
Nell’università non deve entrare l’Anac, ma responsabilità e competizione
La combine tra docenti di Diritto tributario allo scopo di scambiarsi favori per agevolare la carriera accademica dei propri allievi è un grave episodio di malcostume. Se sia anche un reato corruttivo lo decideranno i giudici. Alla politica e all’amministrazione universitaria spetta il compito di evitare che questo malcostume venga arrestato. Bisogna però partire dalla funzione dell’università e della ricerca, non dai dogmi dell’anticorruzione. Non può essere, con tutto il rispetto, Raffaele Cantone a dettare i princìpi di selezione, cioè in sostanza a scegliere il principio educativo. Le commissioni sono l’espressione di un sistema corporativo istituzionalizzato: che le discipline scientifiche diano vita a comunità autoreferenziali è ovvio, e naturalmente non riguarda solo l’Italia.
I ragionamenti di Cantone sono adatti alle commissioni aggiudicatrici di un appalto, che trattano di temi diversi e richiedono competenze diverse. In questa impostazione, fatta di burocrati anticorruzione inseriti negli atenei, di integrazioni delle commissioni con non meglio identificati esponenti della società civile, si aumentano le ingerenze esterne alla comunità scientifica, che non hanno niente a che fare con le funzioni proprie dell’università e della ricerca. In quel modo, al massimo si ottiene di sostituire o di complicare il consociativismo accademico con la lottizzazione politica o burocratica.
Il ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli ha annunciato di volere andare “al di là” di queste indicazioni, il che può voler dire due cose opposte, intraprendere con più decisione la via della autonomia universitaria, permettendo agli atenei di scegliersi docenti e ricercatori per poi rispondere dei risultati, o rendere ancora più rigide le strettoie burocratiche dirigistiche che soffocano l’autonomia universitaria, in base a un principio egualitario che come sempre porta a unificarsi tutti al livello più basso. Selezionare candidati a ruoli accademici non è come stabilire quali offerte di appalto sono più vantaggiose: non esistono e non possono esistere criteri oggettivi, una volta naturalmente che si siano accertate le condizioni minime di competenza. Di certo non serve a una migliore selezione riempire le commissioni di incompetenti esterni. Se si vuole evitare di sottomettere al giustizialismo demagogico anche la ricerca e l’università è necessario in primo luogo difenderne l’autonomia e la responsabilità, che sono le condizioni indispensabili per una leale competizione.