Su Bolzaneto la Corte europea esagera
Giusto condannare i poliziotti, ma perché prendersela con lo stato?
La Corte europea per i diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per gli atti commessi dalle forze dell’ordine nella caserma di Bolzaneto nel 2001 e soprattutto perché lo stato non avrebbe condotto sui fatti un’indagine efficace. Mentre la sanzione dei comportamenti dei poliziotti che hanno violato i princìpi di una corretta gestione dell’ordine pubblico è comprensibile, c’è qualcosa di assai discutibile nella critica all’operato della magistratura italiana.
Questo giornale ha condannato immediatamente le violenze, indipendentemente dal suo orientamento favorevole al governo di allora. E come è noto su questo foglio trovano spazio critiche alla lentezza e inefficacia dell’azione giudiziaria. E’ bene ricordare queste premesse per chiarire che la lettura del dispositivo della sentenza europea non è convincente perché entra nel merito della condotta degli organismi giudiziari italiani in base a una visione che sembra condizionata da una prevenzione. Che la Corte europea intervenga giudicando le attività giurisdizionali di un paese è insolito e configura una funzione di “supermagistratura” che non compete ad alcun organismo sovranazionale. Il sistema italiano ha tanti difetti, ma in tre gradi di giudizio consente ad accusa e difesa di confrontarsi nel dibattimento. Per giunta in Italia (e quasi solo in Italia) l’attività delle procure non dipende dal ministero della Giustizia ed è difficile dire che esse agiscano in modo da compiacere le autorità di governo. Anche per questo le affermazioni della Corte europea appaiono poco argomentate, oltre che invasive di funzioni che non le competono.
la mappa dello spionaggio