Il senatore Caridi, che non era da arrestare
In carcere 20 mesi (accusa di concorso esterno). La pessima scelta del Senato
L’ex senatore Antonio Caridi, nella scorsa legislatura eletto con il Popolo della Libertà nel 2013 e confluito poi nel gruppo Grandi autonomie e libertà (Gal), ha trascorso venti mesi in carcere, dal luglio 2016, ma poco prima di Pasqua è tornato libero su decisione del tribunale del Riesame di Reggio Calabria, che ha annullato la custodia cautelare che era stata decisa per l’accusa di associazione mafiosa in concorso esterno nell’inchiesta “Mammasantissima”. Ci sono però voluti due annullamenti da parte della Cassazione, che aveva censurato le motivazioni dell’arresto del senatore, non avendo individuato “nessun riscontro in atti sul piano della gravità indiziaria” né circa “la condotta in concreto” che rendessero necessaria la custodia cautelare. Caridi risponderà delle accuse mossegli in Tribunale, ma da uomo libero. Ma chi risarcirà i venti mesi trascorsi ingiustamente in cella? La decisione, pur tardiva, del Riesame, è una notizia decente per un paese che ancora, e nonostante tutto, voglia definirsi stato di diritto. Ma restano alcune notizie che decenti non lo sono affatto. Innanzitutto che una procura della Repubblica avesse dato il via libera a un arresto senza indizi che suffragassero il provvedimento. Ma soprattutto, è grave che il Senato, dovendo decidere di una simile, debolissima, richiesta di arresto si sia semplicemente uniformato alle richieste della magistratura e al tam tam mediatico (154 favorevoli, 110 contrari e 12 astenuti) senza considerare la gravità istituzionale – in sé e per sé – di una tale decisione. Un modo di intendere il proprio ruolo sbagliato, ma è assai difficile che il nuovo Senato svilupperà migliori anticorpi garantisti.