Il reato di governare la Sanità
La non-logica delle accuse (con arresto) del presidente della Basilicata Pittella
Il presidente della Regione Basilicata, Marcello Pittella, è stato posto agli arresti domiciliari con l’accusa di concorso in falso e abuso d’ufficio in un’inchiesta su nomine e concorsi nella Sanità lucana, che coinvolge in tutto una trentina di persone. Nell’ordinanza di custodia cautelare, il gip di Matera scrive che Pittella sarebbe stato il “deus ex machina” di una “distorsione istituzionale”, perché avrebbe “influenzato le scelte gestionali delle aziende sanitarie e ospedaliere interfacciandosi direttamente con i direttori generali che sono stati nominati con validità triennale dalla sua giunta”. Acqua fresca. A ben guardare, infatti, ciò che si contesta a Pittella è di aver esercitato le sue funzioni. Il Servizio sanitario dipende dalle Regioni, che per esso spendono la gran parte del loro bilancio. Sulla giunta regionale (dunque alla politica) ricadono alcune scelte, come l’organizzazione delle aziende sanitarie locali e ospedaliere, e l’indicazione dei direttori generali. Perché? Perché è giusto che le istituzioni democratiche, votate dai cittadini, possano essere misurate per le scelte che assumono. Lombardia e Toscana, Calabria e Sicilia: la Sanità è la cartina di tornasole di un governo regionale. Pittella influenzava i suoi direttori generali? Era suo dovere farlo e orientarli verso le scelte secondo lui più giuste. Altra cosa è il malaffare. Se l’indagato di turno (governatore a fine mandato) è colpito da una iniziativa giudiziaria per alcune telefonate che hanno impressionato un appuntato della finanza, povera Italia (e povera politica).