No, la corruzione non si combatte così
Le misure proposte dal M5s sono illiberali e inefficaci, e pure pericolose
La campagna contro la politica corrotta quasi per definizione è stato uno dei più fortunati cavalli di battaglia del Movimento 5 stelle, anche per il clima giustizialista che si era già largamente diffuso ben prima dell’irruzione di Beppe Grillo. E’ quindi comprensibile che una delle prime proposte legislative del nuovo governo riguardi la repressione della corruzione, obiettivo naturalmente di per sé condivisibile. Le misure proposte, però, hanno due difetti non certo secondari: sono illiberali e probabilmente inefficaci. E’ illiberale l’estensione retroattiva delle pene accessorie (come l’esclusione a vita dei rapporti con la Pubblica amministrazione) per reati commessi quando la normativa era meno punitiva. E’ illiberale mettere in campo agenti provocatori che inducano a commettere reati. E’ illiberale in generale dimenticare che uno dei caratteri della pena deve essere la riabilitazione.
Queste e altre considerazioni garantiste probabilmente non interessano una compagine politica che dovrebbe avere come simbolo le manette. Forse può creare qualche interrogativo invece il dubbio sull’efficacia di misure punitive generalizzate, che trascurano di esaminare le radici concrete dei fenomeni corruttivi, connesse alla farraginosità dei sistemi autorizzativi e all’esistenza di troppi soggetti in grado di intralciare anche i progetti e i lavori lecitamente assegnati. Individuare i gangli della amministrazione in cui nasce il fenomeno corruttivo, semplificare le procedure e migliorare le capacità ispettive sarebbero operazioni forse meno clamorose ma sicuramente più efficaci nella lotta contro la corruzione, che è cosa diversa dalla propaganda basata sulla denuncia della corruzione.