Assolti Eni e Scaroni. Quando a perseguitare basta l'ipotesi
Maxi bersagli & micro risultati per il processo che indagava sulle presunte tangenti in Algeria
Spesso, o quasi sempre, basta “l’ipotesi” della procura per procedere alla persecuzione mediatica. Invece di rado, o quasi mai, la reputazione viene ripristinata con il proscioglimento o l’assoluzione. Sarà quindi interessante vedere come verrà riportata – a quale riga o in quale box nascosto – la notizia di assoluzione in primo grado dell’ex amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, e del manager, Antonio Vella, che erano imputati per corruzione internazionale per presunte tangenti in Algeria pagate, tra il 2008 e il 2011, all’ex ministro dell’Energia del paese africano e ai suoi collaboratori per ottenere appalti petroliferi.
La sentenza di condanna riguarda solo Saipem perché, secondo i giudici, la controllante Eni non è mai stata messa al corrente di una attività di corruttela per cui, per i manager del Cane a sei zampe, il “fatto non sussiste”. Era la stessa conclusione a cui arrivò il giudice per le indagini preliminari tre anni fa che aveva prosciolto Vella e Scaroni. Era la procura di Milano ad avere fatto ricorso, accolto dalla Cassazione per vizi di forma, mandandoli a processo. Al netto del legittimo convincimento degli inquirenti, ha certo più appeal un’indagine che mira al bersaglio grosso e si sposa con un’altra presunta “maxi-tangente” del colosso petrolifero italiano (e dell’inglese Shell) in Nigeria, di cui si attende a breve la prima sentenza. Ha più risonanza messa in quei termini, tanto che nel discorso mediatico le due vicende sono spesso andate a braccetto, col risultato di demonizzare la compagnia e i suoi vertici che, come si sa, si guadagnano commesse in paesi borderline. Purtroppo a lasciare per anni le sentenze preventive in mano ai media è difficile che sia resa giustizia.