Il vendicativo aumento di pena a Formigoni
Il mutuo della Lega e i 18 mesi in più all'ex governatore lombardo. Il perché di due logiche diverse
Nella Terza Repubblica del cambiamento giudiziario-giustizialista ci sono giudici che con nonchalance imbarazzante firmano la pace fiscale con la Lega di Matteo Salvini, accordandosi per una restituzione del maltolto alle casse pubbliche tramite mutuo in 76 comode rate, roba che il privato cittadino non la otterrebbe mai nemmeno da Babbo Natale.
Ma ci sono giudici che per un maltolto tutto sommato inferiore, e di cui lo stato già recuperato quasi tutto, decidono in Corte d’appello di aumentare la pena detentiva, dai 6 anni di reclusione comminati in primo grado (condanna notevole, e di cui la Procura generale si era limitata a chiedere la conferma) a 7 anni e 6 mesi. E’ accaduto nel processo all’ex governatore lombardo Roberto Formigoni, per corruzione, nel caso della Fondazione Maugeri.
Formigoni si è sempre difeso ribadendo di non aver mai arrecato danni alla Sanità lombarda, non è stato creduto. Si vedrà in Cassazione. Si può pacatamente notare che la linea difensiva di Formigoni non è stata delle più efficienti: in Appello si è visto rifiutare la richiesta di patteggiamento, accolta per altri coimputati, a motivo di una richiesta di pena troppo bassa. Ma nemmeno questo è il punto.
Il punto da notare è che aumentare di 18 mesi una condanna ha l’evidente e rancido sapore di una vendetta esemplare, più che di una retribuzione di giustizia, per un politico già sottoposto a confisca, che non serve più abbattere per via giudiziaria e che in carcere non andrà (è over 70 anni). Ma nella Terza Repubblica giudiziaria i pesi e le misure continuano ad essere differenti. A seconda se il politico è già caduto, o se sta sovranamente in sella.
L'editoriale del direttore