Il 41 bis non può essere una vendetta di stato. E l'Europa condanna l'Italia su Provenzano
La Corte europea dei diritti umani contro la decisione di continuare ad applicare il carcere duro al boss mafioso anche dopo che furono evidenziati i problemi di salute che lo avrebbero condotto alla morte
La Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per la decisione di continuare ad applicare il carcere duro previsto dall’articolo 41 bis a Bernardo Provenzano dopo il 23 marzo, quando furono evidenziati i problemi di salute che avrebbero condotto alla morte del boss mafioso. La Corte non contesta la scelta di non farlo uscire dal carcere ma le modalità del trattamento carcerario che, nelle sue condizioni di salute, vengono considerate disumane e degradante.
Torna di attualità il dibattito sul 41 bis, un articolo adottato per impedire ai boss di mantenere dal carcere collegamenti con le organizzazioni criminali che dirigevano. E’ sempre stata in discussione la coerenza di questo strumento con la Costituzione, che indica la funzione riabilitativa e non afflittiva della detenzione carceraria. E’ un dubbio che abbiamo nutrito anche noi su questo Foglio, dubbio che abbiamo parzialmente superato di fronte al pericolo effettivo di una continuità anche in stato di detenzione delle attività di guida di cosche criminali. Abbiamo però sempre avvertito dell’eccezionalità di questo strappo alle norme costituzionali e ai diritti umani universali, considerandolo lecito solo per tempi delimitati e solo quando le condizioni di pericolo, che dovrebbero essere periodicamente verificata dai magistrati di sorveglianza, persistano effettivamente.
L’avvertimento della Corte di Strasburgo dovrebbe dare l’opportunità non tanto di una modifica legislativa quanto di una verifica delle forme di applicazione dell’articolo 41 bis. Esistono oggi forme di controllo anche tecnologiche, che forse permetterebbero di ottenere egualmente una difesa dal rischio di continuità dell’azione criminale dei boss in carcere, senza la necessità di ricorrere per tempi lunghissimi a forme di detenzione particolarmente afflittive. Il punto è proprio questo: il 41 bis è diventato una forma di punizione particolarmente pesante per reati particolarmente gravi, non una misura correlata a un pericolo specifico di continuazione di questi reati anche in condizione di detenzione. Questa graduale trasformazione del senso di una legge va fermata perché introduce di fatto nell’ordinamento una graduazione della qualità afflittiva della privazione della libertà in relazione ai reati commessi o alla personalità dei condannati. E’ questa degenerazione che va bloccata: anche se può essere interpretata come una “giusta vendetta” è assolutamente estranea ai più elementari principi di uno stato di diritto. Senza nessuna tolleranza per Provenzano e quelli come lui, lo Stato non può cedere sui suoi principi per punirli “di più” del necessario, deve solo applicare le pene senza indulgenze e senza tentennamenti, ma anche senza cadere nel sospetto di disumanità.