Così la Consulta azzoppa il Jobs Act
Stabilire per legge l'indennità di licenziamento non è costituzionale. Ecco cosa dice la sentenza
Il 26 settembre scorso la Corte costituzionale si è pronunciata su una norma del Jobs Act, dichiarandola incostituzionale. I giudici hanno ritenuto che fissare per legge l'indennità che il datore di lavoro deve risarcire a un lavoratore licenziato, attualmente calcolata in nome di un unico principio, l'anzianità di servizio, viola "il principio di uguaglianza" perché non tiene conto di altri fattori che caratterizzano ogni singolo caso (il numero dei dipendenti occupati, le dimensioni dell'attività economica, il comportamento e le condizioni delle parti). La sentenza, depositata oggi, azzoppa il senso stesso del Jobs Act, quello cioè di rendere sostenibili le assunzioni a tempo determinato perché bilanciate dalla possibilità di sapere con certezza e con anticipo quanto costa licenziare. Un contrappeso valido anche per tutelare il lavoratore, che oggi viene rimesso nelle mani dei tribunali. In questo modo saranno infatti i giudici a stabilire caso per caso quanto spetta in caso di licenziamento, tornando a esercitare una discrezionalità che con la riforma del 2015 era stata superata da un automatismo così calcolato: due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità.
La sentenza si può leggere qui.