Cos'è stata la procura di Trani
Cosa lega le inchieste roboanti sulle banche e gli scandali interni di corruzione
L’arresto di due magistrati non è cosa che capita tutti i giorni. Ieri è toccato ad Antonio Savasta, giudice al tribunale di Roma, e a Michele Nardi, pm sempre nella Capitale, per fatti che riguardano la loro esperienza a Trani, dove Savasta era pm e Nardi gip. Entrambi sono accusati di associazione per delinquere, corruzione in atti giudiziari e falso ideologico insieme a un ufficiale di polizia e due avvocati. Secondo la procura di Lecce che conduce le indagini, gli indagati quando erano in forze alla procura e al tribunale di Trani avrebbero assicurato a degli imprenditori l’esito favorevole di alcune inchieste in cambio di soldi e oggetti preziosi, anche grazie al lavoro di facilitazione fatto dagli avvocati nel ruolo di intermediari.
Al di là dell’ipotesi alla base dell’inchiesta e fatta salva la presunzione di non colpevolezza, sarebbe il caso di fare una riflessione su ciò che è stata per molti anni la procura di Trani. Su queste colonne ne abbiamo parlato a lungo a proposito di indagini e processi roboanti che sono puntualmente e inevitabilmente finiti nel nulla: le inchieste sulle agenzie di rating S&P, Moody’s e Fitch per “l’imbroglio dello spread”, quella su Deutsche Bank per il “complotto del 2011”, quella su American Express per usura, e poi sulle principali banche italiane e persino sulla Banca d’Italia e il Mef. Niente di niente.
Tutto si è concluso con una lunga serie di archiviazioni e assoluzioni, assoluzioni e archiviazioni: zero tituli in tribunale, ma tantissimi tituli sui giornali. La cosa più paradossale però della procura più disfunzionale del paese è che mentre i magistrati erano impegnati in una guerra contro i mulini a vento della finanza internazionale colpevoli di reati immaginari, nessuno era capace di guardare cosa succedeva all’interno della procura. Eppure che il sistema fosse marcio era noto a tutti, quantomeno a chi doveva e voleva vedere. Il giudice Roberto Oliveri del Castillo, a lungo gip a Trani, ha persino scritto un romanzo “di fantasia” che parla di un tribunale in cui pm e giudici organizzavano truffe e corruzioni: “La tattica preferita era l’intesa, il mettere in mezzo, sotto indagine, se non arrestarlo, qualche imprenditore o qualche politico, per poi estorcere denaro per far morire il processo”. Ora i magistrati più esuberanti sono stati trasferiti da Trani, ma ciò che non è cambiato nella giustizia italiana è il sistema che consente la nascita e lo sviluppo di altre “procure di Trani”.