Romanzo Alemanno
I sei anni per corruzione, il format Mafia Capitale, il “ruolo apicale”
Solo pochi giorni fa Giuseppe Pignatone e Michele Prestipino, procuratore della Repubblica di Roma e procuratore aggiunto, hanno presentato il loro libro “Modelli criminali. Mafie di ieri e oggi” (Laterza) in cui spiegano tra le molte cose il sistema “pulviscolare”, anche se non sempre ci sono gli elementi per definire tutto ciò come “mafia”. Ma Mafia Capitale è rimasto appiccicato alla città come un format giornalistico-politico-giudiziario, Netflix lancia la seconda serie di “Suburra”, e per il cittadino-spettatore medio non sarà tanto facile decidere se l’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, sia stato condannato oggi a sei anni di reclusione (in primo grado, che in Italia è sempre una condizione transitoria) per corruzione e finanziamento illecito o come alto esponente di Mafia Capitale.
Al momento, per chiarirsi le idee, c’è qualche dettaglio, oltre al fatto che la procura aveva chiesto una condanna a cinque anni, ma alzare le condanne ai politici è ormai un vezzo frequente. Nel 2014 Alemanno era stato indagato nell’inchiesta “Mondo di Mezzo”, per concorso esterno nell’associazione di stampo mafioso. Ma per il concorso esterno gli stessi pm avevano chiesto e ottenuto l’archiviazione nel 2017. Dunque Alemanno, quantomeno, non è un boss. Nell’inchiesta stralcio era rimasta la corruzione e il finanziamento illecito (223 mila euro avuti da Salvatore Buzzi in accordo con Massimo Carminati e versati alla Fondazione Nuova Italia).
Gli avvocati difensori hanno sostenuto che “nel milione di intercettazioni telefoniche e ambientali della maxi indagine non ce n’è una in cui si dica che ha preso soldi da sindaco o che è un corrotto… La circostanza non emerge da nessun atto del procedimento principale di Mafia Capitale che, tra l’altro, ancora attende il vaglio della Cassazione”. Ma il pubblico ministero ha affermato che l’ex sindaco è stato “l’uomo politico di riferimento dell’organizzazione Mafia Capitale all’interno dell’amministrazione comunale, soprattutto, in ragione del suo ruolo apicale di sindaco”. Intanto oggi Antonio Casamonica è stato condannato a sette anni per il pestaggio del Roxy Bar. Un po’ meno di quanto avesse chiesto il pm. Ma lui non aveva una posizione apicale.