Troppe chiacchiere sull'abuso d'ufficio
Una campagna elettorale manettara e una riforma sacrosanta, che verrà seppellita
Il reato di abuso d’ufficio è talmente generico e “interpretabile” da rendere difficile la vita a tanti amministratori, che non sanno mai se il loro mandato elettorale, che per sua natura comporta atti e giudizi non automatici, consente o no questa o quella decisione. E’ un problema reale che andrebbe affrontato con equilibrio, ma purtroppo è stato sollevato da Matteo Salvini nell’ambito di una campagna elettorale convulsa in cui argomenti sensati si mescolano a esibizioni muscolari e richiami identitari di dubbio gusto. In questo modo si rischia di far bollire nello stesso calderone tutto e il contrario di tutto, con l’effetto inevitabile di non condurre a nessuna realizzazione concreta. In generale sulla questione della giustizia la Lega ha mostrato finora un disinteresse che rasenta l’irresponsabilità. Con una legge demagogica sul prolungamento dei termini di prescrizione ha consentito che i processi, già insopportabilmente lunghi, diventino eterni. Con la parola d’ordine manettara del “buttare le chiavi” ha bloccato una riforma carceraria e l’adozione di pene alternative al carcere con l’effetto di aumentare l’affollamento e la disumanità degli istituti di pena.
Ora, nel pieno di una campagna elettorale e in modo estemporaneo, Salvini propone l’abolizione del reato di abuso d’ufficio, e poi è costretto a un mezzo dietrofront (“bisogna modificare la norma e punire i colpevoli”, ha corretto il tiro giovedì, applaudito da Di Maio). Naturalmente è facile per i Cinque stelle reagire con le solite insinuazioni dei giustizialisti sul carattere “ad personam” delle proposte altrui, specialmente se tese a delimitare lo strapotere delle procure. E’ un peccato che una tematica seria venga buttata nel tritacarne delle polemiche, rendendone così più difficile la trasformazione in provvedimenti operativi. Purtroppo non si può nemmeno sperare che, una volta abbassata la polvere del clima elettorale, si possa passare a un esame razionale delle questioni aperte, visto che ormai lo schema dominante dall’inizio della legislatura è quello di sollevare questioni con clamore per poi seppellirle in silenzio con continui rinvii.