Il ministro della malagiustizia
Salvini supera limiti costituzionali sui magistrati e Bonafede fa lo struzzo
Matteo Salvini si è inferocito per l'ordinanza della magistratura agrigentina favorevole a Carola Rackete, si voleva sostituire ai giudici e alla polizia, invece è restato con un pugno di mosche. Il suo attacco alla magistratura, che avrebbe emesso una sentenza politica “vergognosa” si commenta da sé. Anche chi non è tenero con le esondazioni giudiziarie, anche chi denuncia da anni la politicizzazione e persino la faziosità di settori della magistratura, non può comunque tollerare che un ministro si comporti in questo modo, senza il minimo rispetto per il principio della separazione delle funzioni. Ci si aspettava che il ministro della Giustizia, cui compete anche di tutelare l’indipendenza della magistratura trovasse qualcosa da dire non solo sul fatto che non si dovrebbero attaccare i singoli magistrati, ma sull’invasione di campo di Salvini. Chiunque, naturalmente, ha il diritto di pensarla come crede sul merito della vicenda, ma anche chi non solidarizza affatto con la pasionaria tedesca, non può pensare che debba essere mandata in galera per ordine del ministro dell’Interno, che per lei non valga la presunzione di innocenza e che dell’esistenza o meno di un reato debba decidere la magistratura competente.
Il silenzio di Alfonso Bonafede, molto parzialmente corretto dalla critica all’attacco al singolo magistrato, estende all’intero governo la responsabilità di non rispettare i limiti costituzionali che valgono anche per l’esecutivo. Se voleva competere con il suo collega Danilo Toninelli per il record di peggior ministro della storia repubblicana, Bonafede c’è riuscito.
Peraltro, mentre l’opposizione di Toninelli alla Tav ha una base nel programma del suo partito e in alcune frasi sconnesse del contratto di governo, l’omissione di Bonafede non risponde ad alcun “principio” di questo genere.