Cantone se ne va dal governo dell'onestà-tà-tà
Una scelta “sofferta” e quello strano rapporto dei populisti con gli esperti
Raffaele Cantone si è dimesso da presidente dell’Autorità anticorruzione, con qualche mese di anticipo rispetto alla naturale scadenza del mandato (marzo 2020), perché sente “che un ciclo si è definitivamente concluso, anche per il manifestarsi di un diverso approccio culturale nei confronti dell’Anac e del suo ruolo”. La decisione “meditata e sofferta” dipende sicuramente dalla legittima volontà di rientrare nella magistratura (Cantone ha da alcuni mesi presentato al Csm la candidatura per diversi incarichi direttivi), ma anche dal cambiamento del contesto politico. Con questo governo, insomma, i rapporti istituzionali non sono granché, nonostante uno dei due partiti (il M5s) abbia fatto dell’anticorruzione un vessillo e molto spesso un manganello politico: prima con l’attacco frontale al Codice degli appalti e poi con decreti come lo “sblocca cantieri” approvato senza neppure sentire l’Anac. Probabilmente perché Cantone era ritenuto vicino al precedente governo, che poi è quello che ha fondato l’Anac.
Naturalmente un governo ha la piena facoltà e il dovere di decidere e agire in maniera autonoma, ma ciò che preoccupa non è tanto la divergenza di opinioni rispetto ad altri organi istituzionali, ma l’insofferenza verso qualsiasi autorità indipendente. E’ un film che si è già visto con la Banca d’Italia, con il precedente presidente della Consob, con l’ex presidente dell’Inps, con la Ragioneria dello stato e con i vertici del Tesoro: alcune istituzioni, le più forti come Bankitalia, hanno resistito; altri si sono dimessi più o meno volontariamente (Nava in Consob, Garofoli al Mef, ora Cantone all’Anac); altri ancora sono arrivati a fatica alla fine del mandato (Boeri all’Inps e Franco alla Ragioneria). Ciò che più preoccupa non è tanto la dialettica istituzionale, che è in parte fisiologica, ma che poi i vertici delle istituzioni amministrative e indipendenti sono stati occupati con persone di fiducia e, dai primi atti, di stretta osservanza sovranista. Il problema non sono tanto le dimissioni di Cantone, ma chi verrà dopo: non è un caso se con i nuovi nominati il governo non ha più avuto alcun tipo di attrito.