Il garantismo tradito e la giusta attenzione
Cosa indica l’arresto di Nicosia, mafioso e finto attivista pro detenuti
L’arresto di Antonello Nicosia, sedicente alfiere dei diritti dei detenuti ora accusato di associazione mafiosa, oltre che l’esito di un’eccellente operazione investigativa segnala un problema proprio nelle fila del movimento garantista. Naturalmente non si può chiedere a chi si batte per un principio di selezionare aderenti e collaboratori con gli strumenti di un’indagine giudiziaria. Tuttavia proprio chi condivide l’appello garantista deve rendersi conto che è possibile che si verifichino episodi di infiltrazione di soggetti animati, invece, dalla volontà di favorire delinquenti con i quali intrattengono rapporti occulti. Anche nelle esternazioni pubbliche di Nicosia si potevano notare eccessi inaccettabili, come la demonizzazione del maxi processo, che non è emersa dalle intercettazioni, ma era apertamente rivendicata nel corso di una trasmissione televisiva. La parlamentare di cui Nicosia era portavoce, Giuseppina Occhionero, è stata ingannata dal suo curriculum, la radicale Rita Bernardini lo considerava un fanatico. E’ naturale che non abbiano sospettato il suo doppio gioco, ma la vicenda deve indurre chi ha rapporti con le carceri per nobili ragioni a vigilare.
Naturalmente le battaglie garantiste non sono offuscate da una vicenda torbida come quella di Nicosia, ma sicuramente ora c’è un nuovo argomento propagandistico per i manettari. Sul piano politico questo è l’esito immediato di una vicenda che, naturalmente, sarà chiarita solo nel dibattimento in tribunale. Distinguere sempre e con la massima nettezza tra la difesa dei diritti dei detenuti e il diritto dello stato a condannare i colpevoli, che poi deve trattare con umanità secondo il dettato costituzionale, ma senza dimenticare che sono stati giudicati e debbono scontare la pena inflitta: questa è la condizione elementare per rendere credibile la battaglia garantista, già tanto difficile. Le infiltrazioni mafiose sono sempre possibili, se ne sono riscontrate anche tra magistrati, poliziotti e esponenti politici, proprio per questo chi conduce battaglie difficili sul delicato problema carcerario, deve esercitare il massimo della vigilanza. Per non averne un danno politico.