Pio Albergo Trivulzio: l'istituto geriatrico al centro dell'emergenza coronavirus (foto LaPresse)

Tenete gli sciacalli lontani dalla giustizia

Redazione

Le Rsa e non solo. Accertare gli errori è giusto. Condannare senza prove no

Dal nord al sud dell’Italia, si moltiplicano le inchieste delle procure sui casi di anziani deceduti nelle Rsa (Residenze sanitarie assistenziali) durante l’emergenza coronavirus. Il filone principale vede al centro il Pio Albergo Trivulzio (Pat) di Milano, il più grande polo geriatrico del paese, con il direttore generale della struttura, Giuseppe Calicchio, e la stessa società indagati per epidemia e omicidio colposi per la morte – tra marzo e aprile – di oltre 100 pazienti. L’ipotesi su cui indagano i pm milanesi, capitanati dall’aggiunto Tiziana Siciliano, è che a determinare la morte degli anziani possa essere stato il mancato rispetto dei protocolli di sicurezza finalizzati a evitare il contagio all’interno della struttura, anche se l’attenzione degli investigatori si è ora spostata alle direttive fornite dall’amministrazione regionale nella fase di emergenza (proprio ieri la Guardia di Finanza si è recata negli uffici della regione Lombardia per acquisire documenti). L’inchiesta si è immediatamente allargata ad altre Rsa, non solo in Lombardia (nelle province di Monza, Varese, Como, Cremona), ma anche in Piemonte, Marche, Abruzzo e Puglia.

 

 

Come in ogni emergenza, tuttavia, la volontà (comprensibile) di accertare quanto avvenuto ed eventuali comportamenti negligenti, sembra aver lasciato il posto a una gigantesca caccia alle streghe, fondata sul tradizionale meccanismo della gogna mediatico-giudiziaria.

 

Il coinvolgimento del Pio Albergo Trivulzio, luogo simbolo della stagione di Mani pulite, ha certamente alimentato la fantasia, piuttosto scontata, dei giornalisti. “’Strage dei nonni’: è la Mani pulite delle case di riposo”, titolava mercoledì il Fatto quotidiano, anche se è stato Gad Lerner su Repubblica (con un articolo intitolato, senza tanti dubbi, “L’epidemia insabbiata”) a dare avvio lo scorso 5 aprile alla campagna mediatico-giudiziaria sulla presunta “strage nascosta” al Pat e nelle altre Rsa. Alle solite certezze forcaiole avanzate da alcuni organi di stampa, però, fanno da contraltare i numerosi interrogativi sulle ipotesi al centro delle inchieste.

 

Come dimenticare, ad esempio, le dichiarazioni con cui per settimane, prima dello scoppio dell’emergenza, autorità scientifiche e illustri studiosi avevano qualificato il coronavirus come una semplice “influenza”, portando a una sottovalutazione generale del caso? E ancora: si è sostenuto che le direzioni di alcune Rsa non avrebbero garantito a medici e infermieri l’utilizzo di mascherine e di altri dispositivi di protezione, quando però è un fatto ormai assodato la penuria di mascherine chirurgiche in molte strutture ospedaliere (figurarsi nelle residenze per anziani) di tutta Italia nella prima fase della crisi. E poi: come è possibile dimostrare che i decessi degli anziani siano stati causati dalla negligenza delle amministrazioni o del personale medico della Rsa, e non dall’aggressività di un virus di cui poi si è sottolineata l’elevata pericolosità per le persone di età avanzata e con patologie preesistenti? Infine: visto l’aumento dei decessi in decine di Rsa sparse per il paese, è plausibile ipotizzare un comportamento illecito e simultaneo di tutte le direzioni delle strutture, o piuttosto un fallimento generalizzato delle politiche di gestione dell’emergenza (quindi di competenza non della magistratura, ma della politica)?

 

La vicenda del Pio Albergo Trivulzio è in questo senso emblematica del clima di caccia alle streghe che si è sviluppato. Sul Fatto quotidiano, ad esempio, è stato scritto che il Pat “ha accolto una ventina di pazienti Covid dimessi dagli ospedali”. Ciò non risulta vero. “Di fronte all’emergenza e all’esigenza di liberare posti negli ospedali, alcune Rsa si sono dichiarate disponibili ad accogliere pazienti positivi al Covid-19 perché avevano strutture separate rispetto a quelle per gli ospiti anziani, con padiglioni separati e personale dedicato. Ma il Pat non è stato tra questi, non ha dato disponibilità ad accogliere pazienti positivi al Covid-19”, spiega al Foglio l’avvocato Vinicio Nardo, legale di Calicchio. “Il Pat ha accolto circa venti pazienti provenienti dall’ospedale di Sesto San Giovanni che non avevano alcuna certificazione di positività al coronavirus. Questi pazienti, comunque, sono stati posti subito in isolamento”, aggiunge Nardo. “Il dottor Calicchia, insieme ai qualificati professionisti che lavorano al Pat, ha seguito tutte le direttive degli organismi superiori, dall’Oms all’Ats”. Insomma, a differenza delle sentenze anticipate dei giustizialisti, sullo “scandalo Rsa” non ci sono ancora certezze, ma solo tanti aspetti ancora da chiarire.

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