Mafia capitale, lezioni dalla Cassazione
Espandere in modo illimitato il 41bis non è d’aiuto per combattere la mafia
Le motivazioni della sentenza con cui la Cassazione ha condannato per “due distinte associazioni a delinquere” gli imputati del processo frettolosamente denominato dalla stampa come “Mafia capitale”, ma ha “escluso il carattere mafioso dell’associazione contestata agli imputati” presenta vari punti di interesse. In una nota la Cassazione afferma che “la Corte, senza affatto negare che sul territorio del comune di Roma possano esistere fenomeni criminali mafiosi… ha spiegato che i risultati probatori hanno portato a negare l’esistenza di una associazione per delinquere di stampo mafioso”. Non c’è stato “l’utilizzo del metodo mafioso né l’esistenza del conseguente assoggettamento omertoso ed è escluso che l’associazione possedesse una propria e autonoma ‘fama’ criminale mafiosa”. E’ rilevante la tipizzazione richiesta per considerare mafiosa un’associazione per delinquere, perché in realtà su questo argomento non esisteva una giurisprudenza coerente, e ora la sentenza della Cassazione ne crea la base. Il che crea un precedente che non potrà essere trascurato.
Questo non significa che i reati commessi non siano considerati gravi e anche preoccupanti: si parla di “un fenomeno di collusione generalizzata”, della “svalutazione del pubblico interesse sacrificato a logiche di accaparramento”, ma l’inquinamento del sistema derivava “non dalla paura, ma dal mercimonio della pubblica funzione”. Insomma si è trattato di “forme di corruzione sistematica, non precedute da alcun metodo intimidativo mafioso”. Non gettare tutto nel calderone della mafia serve a individuare la specificità di reati che potranno essere perseguiti in modo più penetrante, quindi la sconfessione della campagna di stampa non rappresenta un arretramento della giustizia, ma, al contrario, un perfezionamento degli strumenti culturali necessari per esercitarla. Quelli che sono delusi, che parleranno di cedimento e di eccesso di clemenza, non capiscono che la forza dello stato di diritto non consiste nell’espansione illimitata dell’area di applicazione del 41 bis, ma, nella capacità di perseguire i reati identificandone la specificità, come ha fatto lodevolmente in questo caso la Cassazione.