editoriali
Protestare è lecito, minacciare no
L’Anm si lamenta a ragione per i vaccini. Ma la giustizia non può fermarsi
L’Associazione nazionale magistrati protesta per l’esclusione delle categorie giudiziarie dalle priorità previste per la vaccinazione. In effetti le nuove linee guida contenute nell’ultimo decreto cancellano la norma presente nelle linee guida approvate dal Parlamento nel dicembre dell’anno scorso, che consideravano i tribunali, insieme alle scuole, servizi pubblici essenziali che dovevano essere garantiti procedendo alla vaccinazione degli addetti. L’allarme è giustificato, il tono quasi minatorio un po’ meno. Il presidente del sindacato dei magistrati, Giuseppe Santalucia, parla di “una presa di posizione forte”, ma l’invito ai dirigenti degli uffici giudiziari ad adottare “a tutela della salute, energiche misure organizzative al fine di rallentare immediatamente tutte le attività dei rispettivi uffici, senza escludere, nei casi più estremi, anche la sospensione dell’attività giudiziaria” è assai più di una presa di posizione. La magistratura tende a risolvere la questione con decisioni proprie, invece di chiedere al Parlamento e al governo di intervenire esercitando i loro poteri costituzionali. E’ un vizio antico quello di confondere l’autonomia con una specie di autogoverno extraterritoriale ed extracostituzionale.
Ciò detto non si può evitare di stupirsi per il fatto che una questione così delicata non abbia trovato espressione nella dialettica politica: il Parlamento si è visto modificare una scala di priorità nelle vaccinazioni che aveva approvato senza nemmeno chiederne ragione al governo. Che il servizio della giustizia sia un servizio essenziale non è in discussione, che l’accelerazione delle attività giudiziarie sia un impegno del governo neppure. Quindi, probabilmente, è stato commesso un errore, sul quale l’Anm ha tutto il diritto di lamentarsi e di protestare, un po’ meno di invitare i dirigenti degli uffici a obbedire al sindacato e non al governo.