editoriali
Beppe Signori, combattente
Che cosa ci dice su media e giustizia la seconda assoluzione dell’ex bomber
Come spesso capita quando qualche importante imputato viene assolto, magari dopo anni di indagini e processi, è utile andare a sfogliare i quotidiani dei giorni in cui partiva l’inchiesta. “Calcio infetto”, titolava la Gazzetta il 2 giugno del 2011 – stesso tono avevano le prime pagine di tutti i giornali. Era partita l’inchiesta “Last bet”, “il nuovo scandalo calcioscommesse”, tutti parlavano sicuri di gare truccate e campionati falsati. Beppe Signori, ex attaccante di Lazio e Bologna e considerato il perno dell’organizzazione criminale che coinvolgeva anche altri giocatori, veniva descritto a chiedere “pietà” in procura dopo il suo arresto. Oggi che dopo dieci anni Signori è stato assolto “perché il fatto non sussiste” in entrambi i processi che lo vedevano coinvolto, nessuno ha chiesto scusa, né fatto prime pagine su una giustizia arrivata come troppo spesso succede in ritardo. “Sono stati dieci anni lunghi”, ha sospirato sollevato il vicecampione del Mondo a Usa ’94 commentando la sentenza. “Questa assoluzione deve chiudere la bocca a tutti quelli che lo hanno lapidato, è un finale che non lascia repliche”, ha detto il suo avvocato, Patrizia Brandi, che in quarant’anni non aveva mai rifiutato una prescrizione per andare fino in fondo a un processo, come invece ha voluto fare questa volta con Signori. “Sono un combattente, ho lottato”, ha detto l’ex biancoceleste, oggi cinquantatreenne, elegante anche nel dire che “il calcio mi ha lasciato solo cose positive, vorrei rientrare in quel mondo”, nonostante sia stato ovviamente abbandonato da quasi tutti dieci anni fa. Questa assoluzione – arrivata un mese dopo l’altra – ci ricorda una volta di più i danni del circuito mediatico giudiziario sulla vita delle persone e la necessità di sveltire una giustizia che rovina la vita a molti, troppi, che non sono combattenti come Signori né hanno la possibilità e i mezzi di resistere così a lungo.