editoriali
Il sovranismo giudiziario di Caselli
Sull’ergastolo ostativo scatta il solito tic nazionalista contro la Cedu
In attesa del pronunciamento della Corte costituzionale, che ha prolungato la discussione sulla legittimità costituzionale dell’ergastolo ostativo, sui media è partita la grancassa di chi tenta di condizionare i giudici paventando il rischio di un cedimento alla criminalità organizzata. Anzi, di un vero e proprio favore ai mafiosi. Per fortuna non siamo in presenza, o quantomeno nessuno è a conoscenza, di minacce sui giudici supremi, altrimenti saremmo già in zona “trattativa”. Ma uno degli argomenti più utilizzati dai sostenitori dell’ergastolo ostativo, è quello espresso da Gian Carlo Caselli sul Corriere della Sera: chi l’ha detto che l’Italia deve rispettare la Convenzione europea dei diritti dell’uomo? “Il pronostico si basa sul fatto che la Corte europea dei diritti dell’uomo l’ergastolo ostativo lo ha già demolito con una sentenza del 2019 – scrive Caselli –. Ma siamo sicuri che la suprema istanza della giurisdizione italiana debba, sempre e comunque, prestare incondizionato e pedissequo ossequio alla Giustizia europea?”.
Caselli aveva usato lo stesso argomento per la sentenza a favore di Bruno Contrada: “Non credo che la Cassazione possa accucciarsi pedissequamente su una sentenza straniera, sia pure della Cedu”. Il vocabolario, da difesa del Piave giudiziario, è lo stesso. E si basa sull’idea di un eccezionalismo italiano che, in nome del contrasto alla mafia, relativizza alcuni princìpi e diritti universali sanciti nella Cedu. Ma la Corte di Strasburgo non è un tribunale “straniero” formato da giudici ignoranti del fenomeno mafioso, è una corte a cui l’Italia aderisce e che si pronuncia sul rispetto di princìpi e valori che sono gli stessi della nostra Costituzione. Il sovranismo evocato da Caselli è solo la declinazione giudiziaria di una forma di pensiero reazionario. Per fare la lotta alla mafia non è necessario violare i diritti dell’uomo (e quindi costituzionali).