EDITORIALI
La liberazione di Brusca non è uno scandalo
La legge deve prevalere anche sulle giuste e comprensibili emozioni
La liberazione di Giovanni Brusca ha suscitato emozioni e reazioni comprensibili ma non sempre condivisibili. Se si applica un criterio “morale” confrontando l’efferatezza dei numerosi crimini commessi con la pena si può sentire la sua scarcerazione come un’ingiustizia e una sconfitta dello stato. Il fatto, però, è che lo stato deve combattere contro associazioni criminali e per questo ha bisogno di scompaginarne le file ottenendo la collaborazione di quanti più elementi possibile. Si tratta della collaborazione di criminali e la decisione di usare questa collaborazione ha un prezzo: i vantaggi che vengono offerti in cambio.
Non si tratta né di perdono né di pentimento, che sono appunto categorie morali, ma di un calcolo strategico. A suggerire di estendere alle organizzazioni mafiose i benefici in caso di collaborazione, come era già accaduto nella lotta al terrorismo, è stato proprio Giovanni Falcone, che di Brusca è stato una vittima tra le più illustri. Ha avuto la forza d’animo di ricordarlo a tutti proprio la sorella del magistrato assassinato, Maria Falcone, che ha espresso il suo sentimento di dolore ma anche il riconoscimento del valore della legge. Lo stato si è assunto un debito nei confronti dei collaboratori e ora lo paga, e fa bene a farlo, perché questo meccanismo è quello che più di altri ha permesso di smantellare tante reti criminali.
Si può sognare una condizione in cui questo non sia più necessario, ma la questione si porrà solo quando le mafie saranno state definitivamente debellate. Oggi bisogna continuare a combatterle, con gli strumenti necessari anche se costosi dal punto di vista morale. Falcone, che seppe fare uso della collaborazione di Tommaso Buscetta per dare il primo gravissimo colpo alla mafia sapeva bene che costo bisognava accettare ma ha saputo calcolare il rapporto tra costo e benefici in modo rigoroso, pur sapendo che questo metteva a rischio la sua stessa vita. Addolorarsi per la scarcerazione del suo assassino è giusto, scandalizzarsi invece no.