editoriali
Il baraccone dell'antimafia retorica
I sostenitori del processo mediatico contro la riforma Cartabia: torna tutto
Il baraccone dell’antimafia retorica si è mobiliato contro la riforma della giustizia, ribattezzata dall’organo di propaganda “Salvamafia”. Con la riforma Cartabia al posto di quella di Bonafede, che non ha avuto il tempo di produrre i suoi danni, sarà garantita l’impunità per i mafiosi. “Il processo Trattativa con queste regole sarebbe già morto” dice al Fatto quotidiano Vittorio Teresi, ex pm dell’inchiesta. E’ comprensibile, da un punto di vista editoriale, per chi ci campa, che certi processi durino più a lungo possibile, così si dà modo di ricicciare intercettazioni, pezzi di deposizioni, nuove rivelazioni di pentiti... tutto materiale utile per fare giornali, libri, film e spettacoli teatrali. Ma i processi dovrebbero arrivare a una conclusione rapidamente e quello sulla “Trattativa” si trascina da otto anni, l’appello da tre, e non è un caso che Teresi nel frattempo sia andato in pensione.
Ridurre i tempi è possibile, oltre che auspicabile, e senza mandare in fumo i processi. Ma il tema mafia viene usato da chi si oppone alla riforma come una scomunica. Magistrati come Nicola Gratteri, per attaccare il ministro Marta Cartabia, si fanno medium ed esprimono il parere di Falcone e Borsellino: “Si saranno girati tre volte nella tomba a sentire questa riforma – ha detto al Domani –. Non bisognava avvicinarsi nemmeno alla tomba, alla lapide di questi grandi uomini nel momento in cui si produce un sistema di norme che favorirà i faccendieri e i mafiosi”. Parole indecenti che, tra l’altro, sembrano il capo d’accusa di un’altra “trattativa”: la Cartabia si prepari. Un altro pm antimafia come Cafiero De Raho bolla come incostituzionale la riforma scritta da un ex presidente della Corte costituzionale, la Cartabia, insieme con un altro ex presidente della Consulta come Giorgio Lattanzi. Uscite più misurate rispetto al trombettiere Travaglio che, senza senso del ridicolo, afferma che la Cartabia “non distingue un tribunale da un phon”. Un rituale che si ripresenta uguale a se stesso, ma sempre più spompo. Il carrozzone va avanti da sé.
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