EDITORIALI
Il segreto secondo Davigo
La rivelazione dei verbali di Amara non è un problema di forma, ma di sostanza
Piercamillo Davigo è andato in tv per dire che lui, indagato dalla procura di Brescia per rivelazione di segreto d’ufficio sulla loggia Ungheria, è innocente (“chi fa il proprio dovere è esposto a queste cose”), mentre il suo collega-rivale Francesco Greco, anch’egli indagato a Brescia per aver ritardato l’indagine sulla loggia Ungheria, è colpevole (“Greco ha violato la legge!”). Condanna è quando Davigo fischia, avrebbe detto Vujadin Boškov. Questa è senz’altro la parte più surreale e a suo modo divertente dell’intervento televisivo dell’ex magistrato. Ma al di là degli aspetti penali – non è questa la sede più adatta per affrontarli, come peraltro non lo è il talk-show di Giovanni Floris – c’è qualcosa in questa vicenda che Davigo non ha ancora chiarito. L’ex membro del Csm ha sempre giustificato la sua condotta riguardo i verbali di Amara consegnatigli dal pm Storari dicendo di aver preferito seguire le vie informali in quanto la consegna di un plico riservato al Comitato di presidenza del Csm avrebbe compromesso la segretezza dell’inchiesta.
Pertanto, l’eccezionalità del caso (alcuni membri del Csm citati, tra cui il suo rivale Sebastiano Ardita) ha suggerito di non rispettare la forma per preservare la sostanza. Ma la realtà è andata in altro modo. Davigo ne ha parlato quasi con chiunque: non solo con il Pg Salvi e il vicepresidente del Csm Ermini, ma anche con cinque membri del Csm scelti arbitrariamente (Cascini, Gigliotti, Cavanna, Marra, Pepe), persino con un parlamentare (Morra del M5s), oltre che con due sue segretarie (Contrafatto e Befera), una indagata per aver spedito i verbali prima ai giornali e poi al consigliere del Csm Di Matteo calunniando il procuratore di Milano Greco e l’altra a conoscenza di dove fossero riposti nell’ufficio di Davigo al Csm: “In uno scaffale in basso, non sotto chiave” (non proprio la cautela che occorre per documenti tanto delicati da non poter essere trasmessi al Csm). A prescindere dai risvolti penali, dicevamo, non pare che la condotta arbitraria e irrituale di Davigo abbia preservato la segretezza degli atti. Anzi.