EDITORIALI
Un'Alta Corte per i ricorsi dei magistrati
Una soluzione alla guerra Csm-Consiglio di stato: la proposta Violante
Una soluzione alla guerra Il Csm ha confermato le nomine di vertice che erano state annullate dal Consiglio di stato. Ormai scene del genere si susseguono da tempo. Si può discutere della fondatezza degli annullamenti, che spesso nascono proprio da normative interne al Csm particolarmente vulnerabili, ma resta il problema di settori della magistratura, in questi casi quella amministrativa, che bocciano decisioni di altri settori della magistratura. Il diritto di impugnare decisioni o nomine considerate infondate o assunte con procedure discutibili deve essere mantenuto, fa parte di un bilanciamento dei poteri che è salutare ma solo se ben regolato. Le lamentele del Csm che denuncia invasioni di campo solo quando le subisce mentre ha insistito per anni a invadere il campo delle decisioni parlamentari, valgono quel che valgono. Il problema è di sistema e necessita di una soluzione.
Luciano Violante da tempo propone di “costituire un’Alta corte, composta da personalità con le stesse caratteristiche dei componenti della Corte costituzionale, che sia giudice di appello nei confronti delle decisioni disciplinari e amministrative del Csm, del consiglio di presidenza della giustizia amministrativa e di quella contabile”, così diceva in un’intervista al Foglio. Al di là del meccanismo specifico (invece di una nuova Alta corte forse sarebbe più semplice attribuire questo compito alla stessa Consulta) è evidente che dovrebbe esistere un organismo che dirima le controversie tra magistrature, che, anche per il decadere del loro prestigio, si moltiplicano. Serve ovviamente una legge costituzionale, quindi si tratta di un’operazione che riguarda la prossima legislatura, però sarebbe bene incardinarla già ora, in modo che quando dovesse essere stabilita non passi per una specie di ritorsione della politica sulle magistrature. Il conflitto tra poteri non è uno scandalo, è anzi una garanzia democratica, ma deve essere regolato in modo che si sappia a chi compete alla fine dirimerlo, altrimenti diventa una patologia.
L'editoriale del direttore