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Referendum: cannabis e responsabilità civile non passano. Amato: "Il Parlamento si occupi di eutanasia"
Il presidente della Corte Costituzionale spiega ai giornalisti le motivazioni delle sentenze sui quesiti referendari. "Ci ha ferito leggere che chi ha preso la decisione di ieri non sa cosa sia la sofferenza"
A termine della camera di consiglio della Corte costituzionale che si è espressa sull'ammissibilità dei quesiti referendari sulla giustizia, sulla cannabis e sull'eutanasia, il presidente Giuliano Amato ha incontrato i giornalisti per spiegare le motivazioni delle decisioni dei giudici. Amato, nominato presidente della Consulta il 29 gennaio scorso, è il primo giudice a capo della Corte Costituzionale a tenere una conferenza stampa per spiegare i provvedimenti adottati.
Sono stati respinti i quesiti sul fine vita e sulla cannabis. Respinto anche, tra quelli relativi alla giustizia, il quesito sulla responsabilità civile dei magistrati. Gli altri cinque quesiti, sostenuti dalla raccolta firme di Lega e Radicali, sono stati tutti accolti.
"Il referendum non era sulla cannabis, ma sulle sostanze stupefacenti", ha spiegato Amato. "Si faceva riferimento a sostanze che includono papavero, coca, le cosiddette droghe pesanti. E questo era sufficiente a farci violare obblighi internazionali".
Il referendum sull'omicidio del consenziente, ha poi continuato il presidente della Corte, "apre all'impunità penale di chiunque uccide qualcun'altro con il consenso, sia che soffra sia che non soffra. Occorre dimensionare il tema dell'eutanasia alle persone a cui si applica, ossia a coloro che soffrono. Non potevamo farlo sulla base del quesito referendario, con altri strumenti può farlo il Parlamento".