Editoriali
Il parere del Csm sulla riforma del Csm è tutto da ridere
Impunità-tà-tà. Perché le critiche del Consiglio superiore della magistratura sulla riforma Cartabia sembrano provenire da Marte
Sembra provenire da Marte, in alcuni passaggi, il parere approvato dalla sesta commissione del Consiglio superiore della magistratura sulla riforma dell’ordinamento giudiziario e dello stesso Csm predisposta dalla Guardasigilli Marta Cartabia (il parere dovrà ora essere votato dal plenum). Il parere, innanzitutto, critica in maniera netta il sistema elettorale (maggioritario con correttivo proporzionale) proposto dalla riforma perché “le minoranze potrebbero essere sottorappresentate mentre i gruppi di maggiori dimensioni potrebbero essere sovrarappresentati”. La vaghezza della critica (la riforma “potrebbe”) rivela con evidenza il vero timore vissuto dai magistrati, e cioè che il nuovo meccanismo elettorale possa penalizzare alcune correnti togate rispetto ad altre, intaccando così il sistema consociativo messo in piedi proprio dalle correnti, ormai considerate alla stregua di veri e propri partiti politici.
Al Csm non va giù neanche il fatto che sia il ministro della Giustizia a individuare i collegi elettorali: c’è “il rischio di una modifica strumentale della composizione dei collegi al fine di orientare il risultato elettorale”. Come se negli ultimi decenni a “orientare” pesantemente le elezioni del Csm non siano state, in realtà, proprio le correnti dei magistrati.
Ma il vero paradosso viene raggiunto quando il parere critica il nuovo sistema di valutazione della professionalità dei magistrati previsto dalla riforma: “La previsione di un giudizio ad hoc – graduato in discreto, buono, ottimo – sulla capacità di organizzare il proprio lavoro, che è già compresa nel parametro della diligenza, è del tutto ultronea e, portando ad una inammissibile classifica tra magistrati dell’ufficio, potrebbe finire per stimolare quel carrierismo che la riforma vorrebbe invece eliminare”. Il Csm sorvola su due piccoli particolari. Primo: oggi le valutazioni di professionalità delle toghe sono di fatto inesistenti, essendo positive nel 99,2 per cento dei casi. Secondo: è proprio questa irresponsabilità ad alimentare il carrierismo emerso con chiarezza dallo scandalo Palamara.