EDITORIALI
Trentamila persone sono state detenute per sbaglio. Ecco il vero dramma della giustizia italiana
Ogni anno, dal 1991 a oggi, mille persone sono finite dietro le sbarre da innocenti per ingiusta detenzione o errore giudiziario. Il tutto per una spesa complessiva da parte dello stato di quasi 900 milioni di euro
Mentre i partiti continuano ad azzuffarsi attorno alla riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario, con l’Associazione nazionale magistrati pronta addirittura a dichiarare uno sciopero preventivo, alcuni numeri mostrano il vero sfacelo della giustizia italiana. Dal 1991 al 2021, 30.017 persone – cioè mille ogni anno – sono state vittime di ingiusta detenzione, cioè hanno subito una custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari, salvo poi essere assolte. Il tutto per una spesa complessiva da parte dello stato di 819 milioni di euro, una media appena superiore ai 27 milioni di euro l’anno. Per quanto riguarda gli errori giudiziari veri e propri, cioè i casi di coloro che, dopo essere stati condannati con sentenza definitiva, vengono assolti in seguito a un processo di revisione, questi sono stati 214, con una spesa in risarcimenti di 76 milioni di euro.
A fornire questi numeri, aggiornati al 31 dicembre 2021, è l’associazione “Errori giudiziari”, che da decenni approfondisce il fenomeno degli innocenti in manette nel nostro paese. Nel 2021 i casi di ingiusta detenzione sono stati 565. Per queste persone sono stati disposti indennizzi pari a 24 milioni e mezzo di euro. Rispetto all’anno precedente, nota l’associazione, si assiste a un calo sia nel numero di casi sia nella spesa. Le ragioni sono da legare molto probabilmente alla pandemia, che continua a far sentire i suoi effetti sull’attività giudiziaria su tutti i livelli, dunque anche sul lavoro delle corti d’appello incaricate di smaltire le istanze di riparazione per ingiusta detenzione.
Secondo “Errori giudiziari”, tuttavia, non è da escludere che incida molto anche una tendenza restrittiva dello stato, che respinge la stragrande maggioranza delle domande presentate o tende comunque a liquidare importi sempre molto vicini ai minimi di legge. I numeri, comunque, restano impietosi, e dovrebbero indurre la politica – così come la magistratura – a un maggiore senso di responsabilità nel trattare la riforma della giustizia.