editoriali
Suicidi in carcere: uno scandalo politico
Nessun partito si occupa di una tragedia incivile. Lo sciopero della fame di Rita Bernardini (Nessuno tocchi Caino)
Mentre il populismo di destra sa solo lanciare slogan sulle nuove costruende galere, che come sempre in passato non verranno poi fatte; mentre il populismo dei Cinque stelle sa solo riempire le liste di ex magistrati antimafia, slogan vuoti sulla “legalità”; mentre il resto dei partiti, quelli che dovrebbero rappresentare il progressismo e la visione liberale dello stato, evitano come la peste di occuparsi di giustizia e carceri, nelle prigioni italiane si muore. Il numero dei suicidi quest’anno è altissimo: 52, l’ultimo un ragazzo di 25 anni, a Torino, dopo i quattro degli scorsi giorni. Tanto che è la stessa Osapp, l’Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria, a lanciare l’allarme, considerando anche “le centinaia di suicidi tentati dai detenuti”.
Gli agenti denunciano il “grave dissesto del sistema e il fallimento dell’attuale politica penitenziaria”. Causata, soprattutto, da un sovraffollamento che sarebbe evitabile se solo si cambiassero alcune norme d’esecuzione e alcune leggi inutilmente restrittive, dalla scarsità di personale di custodia e dalle strutture indecenti. Di fronte a questo si erge il muro di gomma delle amministrazioni (e spesso dei magistrati di sorveglianza) e il disinteresse della politica. Tanto che Rita Bernardini, presidente di Nessuno tocchi Caino, ha iniziato un nuovo sciopero della fame per sensibilizzare proprio sui suicidi. Non solo una iniziativa umanitaria, è molto preciso anche il percorso esposto dalla dirigente radicale: sostenere il lavoro del ministro Cartabia, invitando il governo a riprendere come provvedimento d’urgenza la proposta di Roberto Giachetti sulla “liberazione anticipata speciale” e a concludere prima delle elezioni l’iter della riforma della giustizia penale; sostenere le proposte del capo del Dap, Carlo Renoldi, per migliorare le condizioni dei detenuti. Quando lo stato prende in consegna il corpo di un cittadino e lo restringe in reclusione, si assume la responsabilità della sua vita e dalla sua salute. Il resto è barbarie, e una politica che se ne disinteressa è complice.