(foto Ansa)

Chi è Silvana Sciarra, la nuova presidente della Consulta

Redazione

Eletta al vertice della Corte Costituzionale (per un voto) la giuslavorista che piaceva al M5s e che Conte voleva al Colle

La giudice costituzionale e giuslavorista Silvana Sciarra, da febbraio una dei tre vicepresidenti della Corte, è stata eletta a maggioranza, otto voti contro sette, presidente della Consulta in sostituzione di Giuliano Amato. A parte il ritorno di una donna al vertice della Corte dopo Marta Cartabia, gradito e adeguatamente sottolineato da tutti, un po’ col pilota automatico, l’elezione di Sciarra, classe 1948, nata a Trani, docente emerito di Diritto del lavoro e di Diritto sociale europeo all’Università di Firenze, presenta qualche significato particolare.

Nella forma, è stata rispettata la regola non scritta dell’anzianità d’elezione alla Consulta – che tende a garantire una presidenza breve (il mandato di Sciarra scade nel novembre del 2023) e dunque più tecnica e depotenziata da eventuali velleità di “indirizzo politico” (non tutti avevano apprezzato una certa libertà di tono negli interventi di Amato, e Sciarra ha annunciato subito “sobrietà”) impedendo tra l’altro cordate e schieramenti tra i quindici giudici costituzionali.

Ma in questo caso va notato che anche gli altri due vicepresidenti, l’amministrativista Daria de Pretis e il costituzionalista Nicolò Zanon, avevano identica anzianità di nomina. E tra Sciarra e De Pretis – Zanon non ha ricevuto voti – è stata una partita vera, in cui è stato espresso un orientamento non formale ma politico. Può essere dunque interessante notare che nel 2014 Sciarra fu eletta dal Parlamento grazie a un accordo tra Pd e Cinque stelle, e a spendersi con più convinzione fu il M5s. E che a gennaio, per l’elezione al Quirinale, fu Giuseppe Conte a puntare sul suo nome, in conciliaboli riservati, come scelta gradita al Movimento e a lui personalmente. Del resto, per confermare la bontà della scelta della docente di Diritto del lavoro pugliese, Conte andava dicendo: “Ha firmato con Marta Cartabia e Filomena Perrone la prima sentenza tutta femminile della Corte costituzionale. E indovinate su cosa? Per bocciare una parte del Jobs act di Renzi”. Buon lavoro alla presidente, alla Corte e a chi prepara le riforme costituzionali.

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