la sentenza
Crollano le accuse contro Mimmo Lucano: pena ridotta da 13 a un anno e sei mesi
La Corte d’appello di Reggio Calabria ha assolto l'ex sindaco di Riace per tutti i reati più gravi. In piedi è rimasta soltanto un'accusa di falso. Crolla il teorema sul gigantesco “sistema criminale” dell'accoglienza
E’ crollato in appello il processo contro l’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, sulla gestione dei progetti di accoglienza dei migranti. I giudici della Corte d’appello di Reggio Calabria, infatti, lo hanno condannato a un anno e sei mesi di reclusione, con pena sospesa, contro la richiesta della procura generale di 10 anni e 5 mesi e stravolgendo la sentenza di primo grado del tribunale di Locri che gli aveva inflitto addirittura una pena di 13 anni e 2 mesi. Alla base una sfilza di accuse: associazione per delinquere, truffa, peculato, falso e abuso d’ufficio. I reati più gravi sono tutti caduti in appello, mentre è rimasta in piedi solo un’accusa di falso. La Corte ha inoltre assolto altri sedici imputati, anche loro giudicati colpevoli in primo grado.
Insomma, è crollato il teorema sul gigantesco “sistema criminale” messo in piedi da Lucano attorno all’accoglienza dei migranti. Un modello di integrazione diffusa diventato celebre in tutto il modo, ma oggetto di una campagna denigratoria da parte dei leader del centrodestra, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, dopo l’apertura dell’inchiesta. Basti pensare che il leader della Lega esultò sia nel 2018, ai tempi dell’arresto di Lucano, sia nel 2021, in seguito alla condanna di primo grado: “Guadagnava illecitamente su gestione immigrati, 13 anni di condanna al sindaco di sinistra (e candidato in Calabria) Mimmo Lucano, paladino dei radical chic”, scrisse Salvini su Twitter.
Ora le accuse sono quasi tutte cadute, grazie anche al lavoro dei legali di Lucano, gli avvocati Andrea Daqua e Giuliano Pisapia. Nelle loro arringhe, i due avevano contestato la ricostruzione accusatoria chiedendo l’assoluzione per il loro assistito e parlando di “un accanimento non terapeutico”, di “uno stravolgimento dei fatti” e di “un uso distorto delle intercettazioni” per arrivare a una condanna “a ogni costo”. Il giudizio d’appello ha fatto quasi interamente giustizia su queste distorsioni, smentendo anni di fango versati dal centrodestra.