editoriali
Falcomatà torna sindaco di Reggio Calabria: la Cassazione annulla la condanna
Il primo cittadino era stato sospeso per due anni per effetto della legge Severino. Ora con l'assoluzione definitiva dall'accusa di abuso d'ufficio potrà tornare a svolgere l’incarico per il quale era stato democraticamente eletto
La corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la condanna per abuso d’ufficio nei confronti del sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, che dunque potrà tornare a svolgere l’incarico di primo cittadino. In seguito alla condanna in primo grado e in appello (un anno di reclusione, con pena sospesa), infatti, Falcomatà era stato sospeso dalle sue funzioni per effetto della legge Severino, insieme a sette assessori, anche loro coinvolti nella vicenda giudiziaria.
Il processo era nato da un’inchiesta su presunte irregolarità nelle procedure di affidamento a un’associazione del Grand Hotel Miramare. Nel 2015, l’immobile era stato concesso senza alcun bando pubblico a un’associazione riconducibile a un imprenditore che aveva rapporti con Falcomatà e che, in occasione delle elezioni comunali del 2014, aveva concesso gratuitamente al sindaco di Reggio Calabria alcuni locali di sua proprietà per ospitare la segreteria politica. L’affidamento dell’immobile, tuttavia, era stato poi revocato.
La procura generale della Cassazione aveva chiesto l’annullamento della condanna perché il reato era prescritto, ma la Corte è andata oltre considerando l’abuso d’ufficio non consumato, rendendo quindi il fatto non punibile.
Falcomatà potrà dunque tornare a governare la città a quasi due anni dalla sospensione. Potrà tornare, cioè, a svolgere l’incarico per il quale era stato democraticamente eletto, a conferma dell’assoluta assurdità della legge Severino, che prevede la sospensione degli amministratori locali per sentenze di condanna non ancora definitive. La vicenda, peraltro, potrebbe non essere finita qui.
Secondo le cronache locali, Falcomatà è imputato anche in un secondo processo sul caso Miramare, sempre per abuso d’ufficio. In caso di condanna in primo grado, il sindaco sarebbe di nuovo sospeso dalla carica, per poi magari tornare a svolgerla in seguito a un’assoluzione in appello o in Cassazione. Una sorta di gioco dell’oca, ai danni dei meccanismi democratici e del principio di presunzione di non colpevolezza.