Rinviati a giudizio i quattro agenti egiziani accusati di avere ucciso Giulio Regeni
Nuovo capitolo dell’inchiesta sull’omicidio del ricercatore al Cairo. Nel processo la presidenza del Consiglio sarà parte civile
Sono stati rinviati a giudizio i quattro agenti della National Security (l’Agenzia di intelligence interna) egiziana imputati per il rapimento e l’omicidio di Giulio Regeni avvenuto in Egitto nel 2016. Il gup di Roma ha ammesso la presidenza del Consiglio dei ministri come parte civile nel processo che riprenderà il prossimo 20 febbraio davanti alla Corte d’Assise della capitale. Una proposta fatta in virtù dell’obbligo da parte dello stato di tutelare l’integrità e la sicurezza dei propri cittadini. “Ringraziamo tutti. Oggi è una bella giornata”, ha detto Paola Deffendi, la mamma di Giulio Regeni, dopo la decisione del gup.
Il generale Tariq Sabir, i colonnelli Athar Kamel Mohamed Ibrahim e Uhsam Helmi e il maggiore Magdi Ibrahim Abedal Sharif, tutti appartenenti ai servizi segreti egiziani, sono accusati di aver torturato e ucciso Giulio Regeni. Le accuse precise sono di concorso in lesioni personali aggravate, omicidio aggravato e sequestro di persona aggravato.
La richiesta si rincio a giudizio è stata presentata dall’avvocato dello stato ed è stata accolta dal giudice durante l’udienza preliminare di oggi dopo la sentenza della Corte Costituzionale del settembre scorso, che aveva permesso di procedere con il processo ormai fermo da mesi. La Consulta ha dato una svolta dichiarando illegittima l’improcedibilità in caso di mancata notifica ai diretti interessati dal procedimento, perché non è possibile stabilire con assoluta certezza che le persone siano state messe a conoscenza della pendenza del processo. Tale eventualità, ha chiarito la Corte, non può essere considerata valida per il reato di tortura, quando l’impossibilità di informare cittadini stranieri del loro status di imputato sia dovuto alla mancata collaborazione con le autorità del loro stato di appartenenza. Reticenze, omissioni e una scarsa collaborazione delle autorità del Cairo hanno infatti inficiato sin dall'inizio l'azione di inquirenti e magistrati italiani.
Giulio Regeni venne rapito la sera del 25 gennaio 2016, il suo cadavere torturato venne trovato dieci giorni più tardi, lungo la strada che collega Il Cairo ad Alessandria d'Egitto. Chi indaga sostiene che Regeni sia stato ucciso dopo esser stato segnalato come spia ai servizi egiziani dal sindacalista degli ambulanti, Mohammed Abdallah, con il quale era in contatto per i suoi studi.