editoriali
Il giudice attivista
Il gip di Napoli usa l’ordinanza cautelare sul caso di corruzione a Pozzuoli per intervenire nel dibattito politico in difesa delle intercettazioni. Per il Consiglio superiore della magistratura è tutto normale?
Non capita spesso di vedere un giudice sfruttare un’ordinanza di custodia cautelare per intervenire nel dibattito politico, anziché limitarsi a spiegare le ragioni della restrizione della libertà di alcuni cittadini. E’ ciò che ha fatto il gip di Napoli, Antonio Baldassarre, nell’ordinanza con la quale ha disposto undici misure cautelari nell’inchiesta per corruzione che ha travolto il comune di Pozzuoli. “A scanso di ogni polemica che talvolta accompagna tale tipo di indagini, è bene specificare sin da subito due profili”, scrive il giudice riferendosi all’ampio uso delle intercettazioni fatto durante le indagini.
Il gip ricorda che in presenza di alcuni reati, come la corruzione, “gli unici soggetti che sono a conoscenza delle condotte delittuose commesse e in corso sono proprio quegli stessi che di quei reati si giovano e ne percepiscono i profitti”. Il secondo profilo evidenziato dal giudice è rappresentato dai “continui, attenti e dettagliati riscontri che sono stati acquisiti dagli inquirenti rispetto alle risultanze delle intercettazioni”. La premessa (“a scanso di ogni polemica”) tradisce la volontà del giudice di lanciare un messaggio alla classe politica in difesa dello strumento delle intercettazioni.
Non a caso, la polemica riemerge poche pagine dopo, quando il giudice ricorda che le intercettazioni possono essere realizzate solo per reati per i quali è prevista una pena superiore a cinque anni. Caso vuole che tra i reati ipotizzati dai pm ci sia il traffico di influenze illecite, uno dei reati più fumosi del codice penale, per il quale è prevista una pena massima di 4 anni e 6 mesi, cosa che non sembra andare giù al gip. Si tratta infatti di una pena, si legge nell’ordinanza, “invero piuttosto singolare rispetto alle usuali determinazioni del codice penale, che raramente contempla casi in cui la pena edittale base contiene delle frazioni di anno”.
Come ad adombrare il sospetto che il legislatore (cioè la politica) abbia disegnato il reato apposta per non permettere il ricorso alle intercettazioni. Per il Consiglio superiore della magistratura è tutto normale?