(foto Ansa)

editoriali

L'auto sputtanamento della Federazione nazionale della stampa

Redazione

Contro il sindacato dei giornalisti che avalla sciocchezze “sulla legge bavaglio”, rimanendo in silenzio sui giornalisti che non hanno alcun rispetto per la presunzione di innocenza

La Federazione della stampa insiste nella sua campagna contro la cosiddetta “legge bavaglio” e chiede insistentemente al Presidente della Repubblica di non promulgare, quando sarà approvata anche in Senato, la legge che ripristina la situazione precedente al 1997, quando non era consentito rendere pubblico il contenuto delle motivazioni delle richieste di detenzione cautelare. Nel documento si affastellano una serie di denunce sul “tentativo di minare la corretta informazione”, dalla “stretta” sulle intercettazioni fino al mancato rinnovo del contratto di lavoro dei giornalisti e all’aumento del precariato (che naturalmente non c’entrano niente). I giornalisti della Fnsi si ergono a difensori della “corretta informazione”, ma non sembra abbiano le carte in regola per assumere questo ruolo.

Sono numerosi i casi in cui la gogna giornalistica ha rovinato la carriera e talora la vita di indagati poi risultati innocenti, ma quando ci sono eccessi persecutori a mezzo stampa la Fnsi ha sempre minimizzato o trascurato di prendere nette posizioni di condanna. Sul piano istituzionale e costituzionale, che è quello decisivo per la promulgazione di una legge, si denuncia, si sostiene che “l’amministrazione della giustizia in privato è sempre una sconfitta per la democrazia”. Che cosa sarebbe questa amministrazione della giustizia in privato non è dato capire, a meno che non si intenda che essa si svolge nelle aule dei tribunali, come è giusto che sia. Parlare di censura di stato per il fatto che si cerca di salvaguardare i diritti degli inquisiti che sono innocenti fino a sentenza passata ingiudicato, è ridicolo. Caso mai la vera censura di stato è quella di quei giornalisti che si lamentano delle leggi che riportano equilibrio, ma non dicono una parola quando giornalisti danneggiano irreparabilmente persone che poi magari risultano scevre di responsabilità penali.

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