editoriali
Non c'è nessun caso Cospito ma solo una sentenza
La difesa non ha convinto i giudici della Corte di cassazione: l'anarchico resta in regime di detenzione straordinaria. Il 41 bis è criticabile, ma è applicabile
La Corte di cassazione ha respinto la richiesta di Alfredo Cospito di annullare la decisione del tribunale di Sorveglianza di Roma che nell’ottobre scorso aveva confermato la detenzione in regime di 41 bis per l’anarchico che sconta la pena a Sassari. Il regime del 41 bis è stato istituito nel 1986 per impedire a mafiosi e terroristi di comunicare con l’esterno e per evitare che possano proseguire, dal carcere, nelle loro attività criminali. E’ un regime straordinario, che contrasta palesemente con le finalità rieducative e col carattere non afflittivo che dovrebbe avere la detenzione: per questo è una lesione dello stato di diritto, che però si è resa necessaria per contrastare fenomeni di criminalità organizzata particolarmente pericolosi. Sulla attuale pericolosità di Cospito, per la sua funzione di punto di riferimento di un raggruppamento anarchico dedito ad attività terroristiche, si è pronunciato il tribunale che lo ha giudicato sulla base della corrispondenza che aveva intrattenuto con aderenti all’organizzazione.
Il tribunale di Sorveglianza aveva stabilito di applicare la norma del 41 bis, contro la quale Cospito aveva anche opposto uno sciopero della fame. Se da una parte è giusto sperare che il sistema giudiziario italiano possa liberarsi dell’anomalia del 41 bis, dall’altra sembra ragionevole che, finché la norma esiste, venga applicata indipendentemente dall’esposizione mediatica dell’imputato. E’ giusto che Cospito venga trattato come ogni altro condannato nelle sue condizioni, il fatto che abbia sollevato clamorose proteste contro le sentenze che lo riguardavano può interessare i media ma non può influenzare il giudizio dei tribunali. In questo caso la difesa ha avuto tutto lo spazio richiesto da un sistema garantista, di cui ha giustamente fatto il più ampio uso possibile, ma non ha convinto i giudici del tribunale di Sorveglianza né quelli della Cassazione. Non c’è quindi nessun caso di malagiustizia o di inquinamento politico su cui recriminare, anche se la difesa di Cospito continua, legittimamente ma inutilmente, a farlo.