Editoriali
I suicidi nelle carceri rappresentano il suicidio dello stato di diritto
Il silenzio dei media progressisti sugli orrori della carcerazione preventiva: la maggior parte delle persone che si tolgono la vita nelle prigioni italiane sono cittadini in attesa di giudizio, quindi innocenti
Il sovraffollamento delle carceri italiane, sommato alle condizioni della detenzione in istituti di pena spesso arcaici, sommata alle temperature canicolari, crea una situazione insostenibile. I suicidi in carcere sono quasi quotidiani e spesso riguardano cittadini in attesa di giudizio, quindi innocenti. È un argomento che viene giustamente sollevato dall’opinione pubblica e dalle forze politiche, che però faticano a trovare un bandolo della matassa. È più facile denunciare l’insufficienza delle misure, modeste per la verità, messe in atto dal guardasigilli Carlo Nordio. Quello che non si considera è l’uso abnorme che si fa della carcerazione preventiva, che dovrebbe essere una misura eccezionale da applicare solo in presenza di effettive condizioni: il rischio di reiterazione dei reati o il pericolo di fuga. L’esistenza di queste condizioni non viene quasi mai dimostrata, basta il sospetto e l’indagato finisce in galera. Ormai questa prassi è talmente consolidata che nessuno in Italia si stupisce più di un sistema che porta a finire in carcere prima del processo e a uscirne dopo, anche in caso di condanna di primo grado, che invece viene giustamente considerata all’estero un’assurdità.
Naturalmente bisogna lavorare per migliorare le condizioni delle carceri, per addestrare e pagare un personale sempre più professionalizzato, ampliare il più possibile le pene alternative alla detenzione. Ma è stupefacente che chi critica, da sinistra ma anche da settori della maggioranza come Forza Italia, l’inerzia nei confronti della situazione inaccettabile delle carceri, non concentri ‘attenzione anche sull’estensione anomala della detenzione preventiva, come se fosse un male incurabile della giustizia italiana. I difetti, anche quelli più radicati, si possono correggere, ma per farlo è in primo luogo necessario identificarli. Se non si vuole continuare a conteggiare innocenti suicidi nelle carceri bisogna allargare lo sguardo alle cause strutturali e impegnare una battaglia, probabilmente impopolare, contro l’abuso della detenzione preventiva.