Editoriali
C'è stato il sessantaquattresimo suicidio nelle carceri. Ormai si può parlare di "omicidi"
L'ultimo detenuto morto è un cittadino albanese di 55 anni: dall'inizio del 2024 si è suicidato un carcerato ogni tre giorni, davanti a un governo che ha approvato il decreto Carceri, nei fatti inadeguato alla tragedia in corso
Era un cittadino di origini albanesi, aveva 55 anni, si è impiccato martedì sera in una cella della Casa circondariale di Biella. Nella tragica contabilità degna di Antigone che le associazioni della galassia radicale aggiornano ogni giorno, è il 64esimo detenuto suicida dall’inizio del 2024, uno ogni tre giorni. Il suicidio numero 63 era avvenuto solo lunedì, un 48enne originario di Montecorvino Rovella che si è impiccato nel bagno della camera di sicurezza del tribunale di Salerno. A queste vittime, che ormai si possono a buon diritto definire di “omicidio”, vanno inoltre aggiunti i sette agenti del Corpo di polizia penitenziaria che si sono tolti la vita nello stesso periodo. Il segretario generale di UilPa Polizia penitenziaria, Gennarino De Fazio, ha commentato: “Nella sostanziale indifferenza del governo, non si ferma la carneficina nelle carceri del paese e siamo a un numero di morti assurdo, mai visto in precedenza”.
Un tempo l’emergenza carceri esplodeva col calore dell’estate, ora non fa distinzioni di stagioni. Anche se proprio domenica scorsa è ripartita da Torino, dalla casa circondariale Lorusso e Cutugno, l’azione “Estate in carcere” promossa dal Partito radicale contro il sovraffollamento e le condizioni incostituzionali di detenzione. Proprio a Torino, alle Vallette, qualche giorno fa era esplosa una violenta protesta e ormai simili episodi avvengono anche nelle carceri minorili. Che il governo e tutti governi del passato siano sordi davanti al problema è noto, ma non giustificabile.
Anche se proprio nei giorni scorsi il Senato ha approvato la conversione in legge del decreto Carceri. Nel quale però, oltre a provvedimenti necessari come l’assunzione straordinaria di agenti (mille) e altri interventi palliativi mancano le misure di impatto e quelle di “umanizzazione carceraria”, per usare le parole del Guardasigilli Nordio, sono inadeguate alla tragedia in corso. Che, vale la pena ricordarlo, soprattutto al governo e al Parlamento, non è solo umanitaria ma è uno sfregio allo stato di diritto e alle funzioni costituzionali della pena.