Editoriali
L'osceno Delmastro delle galere
Dopo le frasi becere del sottosegretario, per Meloni forse è ora di rimediare
Nella scorsa legislatura Andrea Delmastro Delle Vedove era un deputato di Fratelli d’Italia che il cognome riuscì a non far passare inosservato ai cronisti, e per il resto riuscì a distinguersi soltanto per qualche rissa verbale da avvocatuccio di provincia sui temi della giustizia, a lui non particolarmente chiari, tanto da far risaltare persino l’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede come un luminare e un garantista. Uno degli errori ingiustificabili di Giorgia Meloni, che purtroppo resteranno agli atti di questo governo (assieme in verità ad altre nomine risultate non all’altezza) è quello di avere trasformato Delmastro Delle Vedove in un sottosegretario, e ancora peggio al ministero della Giustizia. Luogo che gli è concettualmente estraneo. Lo scorso anno già era incappato in un pasticcio istituzionale che aveva rivelato – per chi avesse dubbi – la sua incompetenza, la rivelazione di segreto d’ufficio sul caso Cospito.
Si era salvato. Ma il giorno di Ferragosto il sottosegretario, che ha la delega alla “amministrazione penitenziaria”, ha passato il segno. Dal punto di vista politico, istituzionale e anche etico. In visita, per obbligo di ruolo, nelle carceri pugliesi ha dichiarato di essersi recato in visita solo agli agenti penitenziari (e dal punto di vista formale non è così) e di non essersi inchinato “alla Mecca dei detenuti”. Come ha bene scritto in un intervento al Foglio Francesco Petrelli, presidente dell’Unione delle Camere penali, Delmastro ha non solo malamente chiarito quale sia “il suo rapporto ideologico con l’istituzione carceraria”, ma ha provocato “con parole sprezzanti coloro che nel paese hanno cura delle condizioni del popolo dei carcerati”, e non si è nemmeno reso conto che con le sue affermazioni ha offeso “innanzitutto lo stesso personale di Polizia penitenziaria”. Insultare i cittadini in carcere e il personale che ne ha la responsabilità è atteggiamento becero e ignorante, prima di tutto il resto. Forse è giunto il momento per Giorgia Meloni di riconsiderare una nomina che può solo danneggiare lei e il paese.