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"Il decreto di Nordio non risolve il problema delle carceri", dice il coordinatore nazionale Fp Cgil
Il rappresentante del sindacato di polizia penitenziaria, Donato Nolé: "Al Regina Coeli ci sono oltre 1.100 detenuti per una struttura che potrebbe accoglierne poco più di 600. Il vero problema delle carceri è il circuito delle case circondariali dove ci sono i detenuti in attesa di giudizio"
"Il Regina Coeli è una struttura che ha numeri che definirli insostenibili ormai nemmeno rende l'idea. Siamo oltre 1.100 detenuti per una struttura che potrebbe accoglierne solo poco più di 600". Ad affermarlo è Donato Nolè, coordinatore nazionale Fp Cgil per la polizia penitenziaria, commentando la situazione attuale sul sovraffollamento dei nostri istituti penitenziari e in particolare sulla struttura romana. "Parti di quell'istituto penitenziario sono molti grandi, basti pensare che un agente di polizia si occupa, in media, di 180-200 detenuti. Potete immaginare che tipo di controllo e di osservazione può fare una persona con questi numeri. Possiamo dire tranquillamente che lo stato ha delegato la sicurezza del carcere agli stessi detenuti, motivo per cui spesso gli arroganti e i prepotenti si fanno padroni di quegli spazi", dice il sindacalista, interpellato dall'Ansa dopo una protesta scoppiata nei giorni scorsi proprio dentro al carcere romano.
Secondo quanto riferiscono alcune agenzie, tra sabato e domenica è scoppiata una protesta dentro Regina Coeli durata circa 48 ore. A ribellarsi sono stati i detenuti della terza sezione dell'istituto, che hanno acceso piccoli incendi, rotto vetri e dato fuoco a lenzuola e asciugamani. Il motivo delle proteste sembrerebbe essere stato un diverbio tra gruppi di detenuti presenti all'interno del carcere, accentuato dall'iperaffolamento di cui parla Nolé.
"Mancano 18 mila agenti penitenziari, non è con i mille in più del decreto Nordio che si risolve il problema", dice il sindacalista commentando il recente decreto carceri approvato dal governo. "Il vero problema delle carceri italiane riguarda il circuito delle case circondariali dove ci sono i detenuti in attesa di giudizio – spiega – e dove ci sono detenuti spesso con disagi economici e sociali, prevalentemente stranieri, dipendenti da sostanze o con problemi psichiatrici".
Molti, aggiunge, tornano a delinquere una volta scontata la pena: "Bisogna tornare al focus dei reparti, non è con i trasferimenti che si risolvono i problemi, a differenza di quello che pensano molti. Attualmente non c'è una visiona per trattare i detenuti con queste problematiche. La recidiva per chi esce dal carcere è del 70 per cento mentre chi esce da un istituto di pena alternativa è del 15 per cento".
Video intervista di Ansa
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