Editoriali
Le frasi di Matteo Salvini sul caso Sharon Verzeni sono un pugno allo stato di diritto
Il ministro dovrebbe sapere che la pena deve essere giusta, commisurata al reato, e non può essere “esemplare”, proprio perché questo implicherebbe che la si decide per dare un esempio, non per amministrare la giustizia
L’identificazione del presunto assassino di Sharon Verzeni e la sua confessione hanno suscitato un vasto interesse e anche sincere emozioni. La vicenda presenta ancora zone oscure ma è comprensibile che vi sia una diffusa richiesta di una punizione corrispondente alla gravità del reato. A questo sentimento naturale si è collegato Salvini, che ha voluto presentarsi come capofila dei giustizieri chiedendo una pena “esemplare” e “senza sconti”.
Salvini dovrebbe sapere però che la pena deve essere giusta, commisurata al reato, e che non è mai “esemplare”, proprio perché questo implicherebbe che la si decide per dare un esempio, non per amministrare la giustizia in modo esclusivamente corrispondente alle caratteristiche del reato e del reo. Gli “sconti” cui allude il leader della Lega sono previsti dalle norme di procedura penale in alcuni casi specifici, non sono concessioni benevole di una giustizia troppo incline alla clemenza.
Nel caso specifico, proprio per l’assenza di un movente riconoscibile, è probabile che la difesa sosterrà l’esistenza di qualche patologia psichica, che se fosse accertata avrebbe influenza sulla pena irrogata e sulla sede, sanitaria o detentiva, in cui verrà scontata. Utilizzare una emozione sincera per introdurre princìpi errati e pericolosi, a cominciare dal carattere “esemplare” della pena, è l’esatto contrario di una ricerca della giustizia, per non parlare dell’insistenza con cui Salvini ha voluto sottolineare le origini del sospettato, come se queste dovessero in influenzare il giudizio o come se fossero da considerare una specie di causa del comportamento criminale. Esemplare, invece, è stata, in questa occasione, l’attività investigativa, che è riuscita a identificare il presunto colpevole nonostante le difficoltà che si creano quando l’omicidio è privo di motivazioni personali. Non c’è ragione di dubitare che l’azione giudiziaria non proseguirà seguendo gli stessi principi di efficienza e di obiettività, senza dar retta a chi chiede in modo intempestivo e irrispettoso soluzioni e decisioni preconfezionate e “esemplari”.