Editoriali
Ora anche Stefano Boeri è indagato nell'inchiesta giudiziaria sull'urbanistica a Milano
L’archistar è l'ultima vittima delle (discusse) indagini che vedono al centro l'amministrazione a guida di Beppe Sala, che avrebbe utilizzato criteri troppo "flessibili" nell’autorizzare iniziative di ristrutturazione e rigenerazione urbana. Serve una legge
L’ultimo capitolo della massiccia inchiesta giudiziaria sul settore edilizio a immobiliare a Milano vede indagato Stefano Boeri, una delle più famose archistar italiane. Da almeno un anno e mezzo la procura ha messo nel mirino la gestione urbanistica della città: si contano almeno dieci indagini, numerosi cantieri sotto sequestro e risultano bloccati complessivamente 150 progetti di sviluppo. In attesa di una soluzione politica che tarda ad arrivare – il cosiddetto decreto Salva Milano promosso dal ministro Salvini ha ripreso solo da pochi giorni l’iter parlamentare e i tempi non sembrano brevi – la paralisi prosegue e aumenta anche l’imbarazzo istituzionale.
L’inchiesta della procura, infatti, vede coinvolta direttamente l’amministrazione guidata da Beppe Sala, che avrebbe utilizzato criteri troppo “flessibili” nell’autorizzare iniziative di ristrutturazione e rigenerazione urbana. Così alcuni funzionari risultano indagati anche nel fascicolo che riguarda Boeri, accusato di lottizzazione abusiva e abuso edilizio per il progetto “Bosconavigli”, che dovrebbe sorgere nel quartiere San Cristoforo. Lo schema seguito dalla procura per Bosconavigli appare simile a quello applicato nelle inchieste precedenti e cioè si basa sulla distinzione tra ristrutturazioni e nuove costruzioni con l’intenzione di affermare il principio che per le seconde non è possibile ricorrere ad autorizzazioni semplificate come invece sarebbe stato fatto dal Comune. Sala, però, ha sempre rivendicato il corretto operato dei suoi funzionari i quali avrebbero semplicemente applicato le norme esistenti, locali e nazionali.
Da più parti, imprenditori avvocati e mondo politico denunciano una forzatura interpretativa da parte dei pm, sostenuti dalla clacque dei comitati civici. Dall’impasse non si è riusciti finora a uscire anche perché la prima versione del “Salva Milano”, scritta dalla Lega, era stata concepita come una sanatoria, scontentando tutti. Da settimane si sta lavorando alacremente per correggere questa impostazione, ma intanto i pm milanesi alzano il tiro.