Il pm Gianfranco Colace (Ansa)

editoriali

La procura di Torino riscopre la Consulta

Redazione

Dopo nove mesi, il pm torinese Colace ha deciso di rispettare la sentenza della Corte costituzionale e chiedere la distruzione delle intercettazioni illegittime realizzate contro l'ex senatore del Pd Stefano Esposito

La procura di Torino ha deciso di tornare sui binari della legalità, dando seguito finalmente alla sentenza della Corte costituzionale dello scorso gennaio, che ha dichiarato illegittime e quindi inutilizzabili le intercettazioni realizzate dal pm torinese Gianfranco Colace ai danni dell’ex senatore del Pd Stefano Esposito. Venerdì scorso, infatti, Colace ha chiesto al tribunale di Torino di distruggere le oltre 500 intercettazioni compiute nei confronti di Esposito e dichiarate illegittime in quanto realizzate senza l’autorizzazione del Parlamento, come richiesto dalla Costituzione. Il tribunale ha deciso in maniera favorevole, ordinando all’ufficio intercettazioni della procura di distruggere le intercettazioni e i messaggi WhatsApp tra Esposito e l’imprenditore Giulio Muttoni.

 

La richiesta del pm Colace è giunta dopo la pubblicazione su questo giornale della notizia che le captazioni illecite, a distanza di nove mesi, non solo non erano state distrutte, ma sono state tutte depositate dallo stesso Colace in un’altra indagine che – in maniera ancora più incredibile – non riguarda né Esposito né Muttoni. Perché le intercettazioni nei confronti di Esposito, ritenute illecite dalla Consulta, sono state depositate in questo altro procedimento? “Evidentemente alla procura di Torino vige un codice di procedura penale diverso dal resto d’Italia”, disse ironicamente Esposito al Foglio, mentre il senatore Ivan Scalfarotto (Italia viva) decise di presentare un’interrogazione al ministro della Giustizia Carlo Nordio.

 

Il risalto mediatico della vicenda deve aver indotto la procura a un ripensamento improvviso: tra la sentenza della Consulta e la richiesta di distruggere le intercettazioni si sono svolte ben sette udienze del processo, senza che mai si ponesse l’esigenza di rispettare la pronuncia dei giudici costituzionali. Visto quanto accaduto c’è da rallegrarsi: le sentenze della Corte costituzionale, per fortuna, valgono anche per i pm di Torino.